"Fino a quando potremo vendere a inizio stagione tartufi di bassa qualità a prezzi altissimi senza avere contraccolpi sul piano della credibilità e della reputazione che abbiamo costruito tutti insieme in tanti anni e con tanta fatica? Non sarebbe il caso di spostare in avanti raccolta e Fiere e di valorizzare di più il mese di dicembre (e qualche volta di gennaio)?".
Non lascia spazio a fantasie interpretative la pubblica presa di posizione di Antonio Degiacomi, nei mesi scorsi riconfermato alla presidenza del Centro Nazionale Studi Tartufo dopo essere stato per anni alla guida all’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, nella giornata di oggi intervenuto su un tema sempre più al centro del dibattito nel mondo che ruota attorno al Tuber Magnatum Pico. In Langhe, Roero e Monferrato, ma non solo.
Presidente, vuole illustraci meglio questa sua presa di posizione?
«La stagione di apertura per la raccolta del tartufo in Piemonte inizia il 21 settembre, e circa una settimana prima in Liguria. Il 2022 è stata una stagione condizionata negativamente dall’andamento meteo, ma sono ormai alcuni anni che in questo periodo si registrano temperature elevate, che non favoriscono di certo le potenzialità di funghi e tartufi. Prodotti della terra che come noto amano ambienti umidi, ma non stagnanti, sia nei fondovalle che in collina.
Soprattutto il Tuber Magnatum Pico per esprimersi al meglio ha bisogno di queste ultime condizioni climatiche. Infatti negli ultimi anni i primi tartufi sono stati piccoli e asciutti, e non hanno rispecchiato la grande qualità di questo prodotto di eccellenza. Si rischia così di portare sul mercato poco prodotto e di una qualità non eccelsa a prezzi elevati, che poi non scendono più. E così si rischia anche di provocare una delusione a chi viene a degustare un prodotto che non si esprime al meglio delle sue possibilità».
Che cosa proponete?
«Di posticipare l’apertura della raccolta di almeno dieci giorni, portandola a inizio ottobre, e, nello stesso tempo, adeguare l’inizio delle Fiere dedicate. In questo modo si valorizzerebbe il periodo di raccolta di dicembre e gennaio, considerando che in questo ultimo mese in Piemonte è ancora possibile raccogliere il Tartufo Bianco d’Alba.
Questi sono due fattori a tutela della qualità del prodotto, così da mantenere la reputazione e la credibilità costruite negli anni col lavoro di tanti attori, due aspetti apprezzati dagli estimatori.
Il ragionamento, come ho accennato, ha un respiro nazionale. Per la quarta Legislatura appena iniziata attendiamo peraltro che venga uniformata una normativa ferma al 1985, perché i tempi sono cambiati, come le condizioni meteo e i diversi aspetti economico-sociali che ruotano intorno all’universo del Tuber Magnatum Pico.
Domani (18 gennaio, ndr) avremo un incontro con la Consulta della Regione Piemonte per capire se, a livello regionale, possiamo lavorare in questo senso, per una maggiore tutela del comparto in chiave presente e futura».
L’assessore albese al turismo e manifestazioni, Emanuele Bolla, concorda con le riflessioni di Antonio Degiacomi e dichiara: «Per valorizzare sempre di più in modo attento e rigoroso il Tartufo Bianco d’Alba siamo in continuo contatto coi vari attori sul territorio, con cui si punta al controllo della qualità, all’analisi sensoriale, al mantenimento delle tartufaie, alla tematica dell’acqua, e di un modello di tutela dell’eccellenza apprezzato. A fronte di questo impegno non dobbiamo dimenticare le urgenze del cambiamento climatico, il flusso turistico nei vari periodi e il conseguente adeguamento degli eventi che mettono al centro il tartufo. A proposito di questo la Fiera è attenta alle tematiche dell’ambiente ed è stata plasmata su più settimane, fino a inizio dicembre. Stiamo pensando a diversi scenari che tengono in considerazione gli aspetti esposti dal presidente del Centro Studi che, giustamente, sottolinea anche l’importanza di una legge nazionale rivista in base ai tempi attuali».
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