Le Langhe come territorio di eccellenza, le cooperative come realtà di servizio con un ruolo importante per l’agricoltura, la criticità presente in alcune cooperative “border line”. Questi sono i tre fattori che si riassumono nel progetto di responsabilità sociale in ambito vitivinicolo, la cui proposta verrà presentata in commissione consiliare ad Alba l’11 aprile prossimo.
La relazione del Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani verrà fatta basandosi sullo studio di fattibilità realizzato dall’agenzia specializzata WeCo Impresa Sociale.
Questo rappresenta un ulteriore passo sulla strada della responsabilità sociale ed etica nei confronti dei lavoratori, soprattutto quelli stagionali, di cui una parte è in mano a cooperative di dubbia legalità, e verso le aziende che potranno avere così più tutela e sicurezza.
In questi ultimi due anni si sono innescate localmente alcune iniziative che in modo diversificato forniscono soluzioni progettuali o di accompagnamento, per favorire meccanismi e condizioni di gestione della manodopera etiche e responsabili, oltre che economicamente sostenibili.
Il Consorzio, insieme ad altri soggetti, sta lavorando a questo con grande attenzione: «Stiamo cercando - afferma Matteo Ascheri, il presidente del Consorzio di tutela Barolo Barbaresco - una soluzione che possa rendere sempre più giusto un sistema lavorativo etico e sostenibile anche a livello economico. La proposta che andremo a fare non è la risposta definitiva, ma un ulteriore tassello per arrivare a un modo stabile di lavorare in agricoltura.
Una proposta che affianchiamo all’“Accademia della Vigna” che insiste sul duplice segmento della creazione di capitale umano competente e dell’assunzione diretta di personale, applicabile solo in talune casistiche. Il protocollo di intesa tra il Consorzio di Tutela e Confcooperative Cuneo ha inoltre gettato alcune prime basi interessanti in queste direzioni.
Il quadro complessivo è chiaro: la forza lavoro data dalle cooperative è pari al 50% del totale. Se guardiamo a questa percentuale, il 25% è gestito da realtà affiliate a Confcooperative, mentre il restante 25% è in mano a realtà cooperative “border line”, che nascono e scompaiono troppo velocemente. Bisogna creare un sistema di intermediazione sicuro e legale, che tuteli tutte le parti chiamate in causa: i lavoratori e le aziende.
Stiamo cercando di elaborarlo, e questo è un aspetto basilare, in quanto permetterebbe di ottenere risultati a livello sociale e anche d’immagine. La reputazione dei nostri territori Unesco passa anche da una visione etica globale che deve essere alla base del lavoro in vitivinicoltura e in agricoltura».
E si va avanti guardando anche oltre confine: «Sappiamo che sarà un processo lungo e difficile, ma la consapevolezza di creare un sistema modello è sempre maggiore, per contrastare l’anello debole delle cooperative ai margini del sistema. Ad esempio, dopo il convegno organizzato durante Grandi Langhe dello scorso gennaio, torneremo a parlare con l’Osservatorio Placido Rizzotto, una realtà molto attenta alla cosiddetta agromafia e al fenomeno del caporalato, per poter dialogare con loro e andare avanti sulla strada giusta», le parole conclusive di Matteo Ascheri.