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Politica | 03 ottobre 2023, 13:14

Giovanni Quaglia: “Com’era bella, grande e forte la mia Provincia”

Ieri al convegno di Confindustria sulla Rinascita delle Province ha ripercorso i passaggi salienti di una stagione politica in cui corso Nizza aveva un peso politico rilevante sullo scacchiere piemontese e nazionale

Giovanni Quaglia

Giovanni Quaglia

C’era una volta la Provincia. É stato un amarcord infarcito di ricordi quello tracciato ieri da Giovanni Quaglia, “storico” presidente dell’Amministrazione provinciale di Cuneo dal 1988 al 2004, anni in cui l’Ente aveva un peso politico-amministrativo rilevante.

Nell’immaginario collettivo, Quaglia resta ancora oggi “Il Presidente”, il politico a cui sindaci dei Comuni della Granda facevano riferimento per trovare soluzione ai problemi del loro territori. Anni di vacche ancora grasse, segnati da importanti opere che hanno concorso allo sviluppo economico e sociale del Cuneese.

“Pensare, progettare, programmare, decidere”: così Quaglia ha sintetizzato i passaggi salienti degli oltre tre lustri che lo hanno visto protagonista della politica cuneese. Ha ricordato la realizzazione dell’acquedotto delle Langhe, di cui era allora presidente Giacomo Oddero, che – attingendo dal tunnel del Tenda – ha consentito di portare l’acqua a 177 Comuni delle Langhe più uno in provincia di Asti (Canelli).

Un’opera fondamentale – ha detto – che si è potuta realizzare perché c’era  solidarietà tra i territori”. Senza l’oro blu Alba e le Langhe non sarebbero oggi quello che sono.

Quaglia ha ancora ricordato di essersi opposto – negli anni in cui le spinte campanilistiche erano forti – alla richiesta di Alba che ambiva ad essere Provincia autonoma. “In quegli anni il confronto era stato duro e non privo di spigolosità, ma col senno di poi – ha commentato – l’essersi opposti è stata una scelta giusta”.

Ha rammentato la ricostruzione fatta a seguito dell’alluvione del 1994, quando l’esondazione del Tanaro aveva causato morti, distruzione e desolazione nell’Albese. “Il governo Berlusconi – ha affermato – ci aveva dato ingenti risorse e autorizzato a procedere con la decretazione d’urgenza. Potevo affidare progettazione e lavori per un valore di miliardi di vecchie lire a ditte private. Ne parlai con lo staff di ingegneri, architetti e geometri del nostro Ufficio tecnico e decidemmo di procedere in proprio. Una decisione rischiosa che si rivelò però vincente perché il personale si sentì coinvolto e motivato. Lavorò giorno e notte, feriali e festivi e l’impresa riuscì egregiamente”.

Altri tempi, altra stagione.

Giampaolo Testa

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