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lavocedialba.it | 09 gennaio 2024, 07:07

L’impegno di Lions Club Bra Host e Leo Club Bra contro il cancro infantile

Focus sugli aspetti psicologici della malattia, grazie alla dottoressa Giulia Zucchetti

(foto Unsplash)

(foto Unsplash)

Da oltre 100 anni la solidarietà del Lions International è cresciuta e l’obiettivo è quello di migliorare il mondo, concentrando il servizio in determinate cause che coinvolgono tutta la popolazione a livello globale. Uno dei temi affrontati dall’associazione di volontariato, fondata da Melvin Jones nel 1917, è il cancro infantile.

Ogni anno questa malattia viene diagnosticata ad oltre 300mila bambini e ragazzi di età compresa tra 0 e 19 anni ed è la principale causa di morte correlata ad una malattia non trasmissibile nei bambini dopo il primo anno di vita.

La notizia importante è che, nella maggior parte dei casi, si tratta di patologie curabili: più dell’80% dei bambini affetti da un tumore può guarire, ma la percentuale scende notevolmente nei Paesi meno sviluppati.

In questo senso, il Lions Club Bra Host e il Leo Club Bra hanno deciso di sensibilizzare l’opinione pubblica sui tumori infantili attraverso un focus sugli aspetti psicologici della malattia, grazie al contributo della dirigente del servizio di psiconcologia dell’Ospedale Regina Margherita di Torino, la dottoressa Giulia Zucchetti.

Secondo la nostra esperta, la sfida di una cura in età infantile consiste non solo nel combattere il cancro, ma anche nel limitare quanto più possibile gli effetti collaterali a lungo termine, prestando particolare attenzione alle conseguenze fisiche e psicologiche. Il supporto psicologico diventa, quindi, fondamentale nel trattamento di pazienti. Partiamo da qui.

La diagnosi di cancro è un duro colpo sia per i bambini che per i genitori. Come spiegarla alle persone colpite? E ai genitori?

«In oncologia pediatrica la comunicazione della diagnosi è probabilmente il momento più importante, un primo atto di cura e di empatia nei confronti del bambino e della sua famiglia. Il bambino malato e la sua famiglia non devono mai essere lasciati soli con le loro angosce, le loro incertezze, i fantasmi delle loro fantasie, ma deve iniziare per loro un cammino il più strutturato e supportato possibile. 

A tal fine, durante la comunicazione della diagnosi è sempre presente, oltre al medico oncologo, anche lo psicologo che ha il compito di sostenere le famiglie, attenuando il più possibile ansie e paure. È sempre auspicabile adottare con bambini e famiglie una comunicazione sincera ed aperta che li aiuti a capire e gestire la malattia. Ovviamente, occorre rispettare l’età del bambino, ma l’esperienza clinica ci insegna che ogni bambino, anche se piccolo, merita una comunicazione veritiera, utilizzando un linguaggio adeguato ed una comunicazione non verbale appropriata.

Le parole, gli scritti, i disegni sono forme diverse che utilizziamo per relazionarci con i bambini, per spiegare loro la malattia e le cure che dovranno fare. Essere attenti e sensibili, sostenere la speranza, inizia dal poter avere un rapporto sincero con i pazienti. Un’attenzione specifica va poi sempre dedicata a spiegare la malattia e il percorso di cura, oltre che a genitori e paziente, ai fratelli e alle sorelle “sane”, limitando il loro isolamento e facendoli sentire così partecipi anch’essi del percorso di cura».

Cosa accade nelle famiglie quando purtroppo si deve affrontare un cancro pediatrico?

«I genitori che si trovano ad affrontare la malattia tumorale di un figlio vivono una prova personale profonda, unica, che li confronta con una condizione estrema, intrisa di sofferenza, perchè trovarsi di fronte al rischio di perdere un figlio rappresenta uno dei peggiori dolori della vita. Un insieme di emozioni può accompagnare i genitori che incontriamo: responsabilità, colpa, impotenza, angoscia che sperimentano come genitore, come uomo e donna e anche come coppia.

È sempre auspicabile il supporto ai genitori, riconoscendo la loro estrema sofferenza aprendo per loro uno spazio d’incontro e di aiuto, umile e sincero, senza pretese, ma di valore. Per assistere adeguatamente i genitori occorre un grande rispetto della loro condizione e allo stesso tempo la disponibilità a discutere con sincerità e chiarezza (dunque onestamente) tutto ciò che può essere utile per i figli, senza pretendere di sopprimere la sofferenza e di evitare il dubbio e l’incertezza, ma prospettando un cammino da compiere insieme

Anche per il bambino l’esperienza della malattia e dell’ospedalizzazione possono rappresentare esperienze traumatiche se non supportate adeguatamente. L’ospedale può configurarsi come la rottura con i precedenti spazi e legami, come la scuola, i coetanei, gli amici, i cugini, fondamentali per la crescita del bambino. La malattia tumorale può inoltre comportare un’esperienza fisica e corporea ad alto impatto per la paura dei prelievi o degli interventi diagnostici e terapeutici e per le modificazioni corporee che a questi conseguono.

Per l’adolescente oltre all’attacco al corpo si configura un attacco alla propria progettualità e realizzazioni future».

Come incide la malattia sulla quotidianità delle famiglie e sulle persone a loro vicine?

«Oltre che sul piano emotivo, la malattia tumorale del bambino sconvolge gli equilibri anche dal punto di vista organizzativo, mettendo a dura prova le relazioni intra ed extra famigliare.

Può succedere che la normale rete di rapporti del nucleo familiare si incrini, in modo particolare all’inizio del percorso di malattia, soprattutto in relazione ai sentimenti di solitudine e di estraneità che i genitori provano. È importante comprendere i genitori, lavorando su un piano di realtà e limitando il più possibile il loro senso di isolamento.

Anche per i fratelli “sani” vi è un vero e proprio sconvolgimento quotidiano: gli orari di scuola, di lavoro dei genitori, il momento dei pasti, dei compiti e il rituale della “buonanotte” possono modificarsi per via della lontananza dei genitori (spesso in ospedale) o della loro maggiore e giustificata stanchezza (fisica ed emotiva) quando sono a casa. È di fondamentale importanza, quindi, porre attenzione ai fratelli “sani” e rendersi disponibili anche nei loro confronti, sia in modo indiretto, sostenendo i genitori nella relazione con loro, sia in modo diretto con assistenza psicologica e scolastica».

Gli amici e familiari come possono sostenere i bambini malati ed i loro genitori?

«Gli amici ed i famigliari possono sostenere i bambini malati ed i genitori, fornendo aiuto concreto ad esempio: fare la spesa, andare a prendere a scuola i fratelli, un invito per un pasto… e sapendo rispettare i loro bisogni. Rispettare i bisogni di persone che soffrono può voler dire anche rispettare il loro bisogno di silenzio, di non dover “parlare e raccontare a tutti i costi”. Delicatezza e rispetto devono guidare chiunque desideri avvicinarsi a famiglie e bambini colpiti da patologia oncologica. La “sola” presenza può essere di grande conforto».

Quali sono le forme di aiuto psico-fisiche che un familiare o un amico possono adottare per rendere più serena la vita di un bambino e quella dei suoi genitori?

«È importante non cambiare le modalità di relazione che si avevano con la persona prima della malattia del bambino. Ognuno deve mantenere il proprio ruolo: di familiare, di amico, di compagno e non ci si improvvisa né medici, né psicologi, né altri. Come già detto, dalla nostra esperienza clinica, il supporto concreto è molto apprezzato».

Nel tentare di aiutare qualcuno, ad un certo punto ci si può arrendere?

«È utile, ai fini dell’alleanza terapeutica e del benessere del bambino o del genitore che abbiamo davanti, saper riconoscere i “loro tempi”. Può succedere che, per quanto riguarda il lavoro psicologico clinico, i genitori e i piccoli pazienti non siano pronti ad affrontare determinate tematiche o sofferenze. Occorre quindi rispettare i loro tempi. Il lavoro psicologico in oncologia pediatrica prevede grande elasticità rispetto al setting “esterno” tradizionalmente inteso.

Aspettare, astenersi e farsi da parte delle volte sono atteggiamenti giusti e funzionali. In particolare con gli adolescenti con tumore, mantenere un atteggiamento di disponibilità, che consente, ma non richiede, risulta fecondo di possibilità di aiuto nei tempi e nei modi per ciascuno opportuni e sostenibili. I bambini e i genitori che ho la fortuna di incontrare ogni giorno mi insegnano a non arrendermi mai».

Se sei interessato alle attività del Lions Club International e vuoi scoprirne di più sull’associazione, scrivi una mail a comunicazionelionsbrahost@gmail.com .

cs Comitato Marketing Lions Club Bra Host

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