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Sanità | 11 gennaio 2024, 15:54

Sempre meno infermieri in Granda: sono 200 quelli che nel 2023 hanno lasciato la professione

Remo Galaverna, presidente dell'Ordine, evidenzia come la situazione sia in costante peggioramento. "La nostra professione non è più attrattiva. Ritmi di lavoro insostenibili e stipendi bassi"

Sempre meno infermieri in Granda: sono 200 quelli che nel 2023 hanno lasciato la professione

Carenza di infermieri nelle corsie. Un fenomeno inarrestabile la cui portata e gravità non sono ancora del tutto chiari in quelle che saranno le conseguenze.

Se ne parlerà a Dogliani sabato mattina, in un convegno dedicato proprio all’emergenza della carenza di personale sanitario. Numerosi gli ospiti e i relatori, tra i quali Walter Ricciardi, Professore di Medicina e Sanità Pubblica all’Università Cattolica di Roma, e l’assessore alla sanità della Regione Piemonte Luigi Genesio Icardi.

E' previsto un intervento anche di Remo Galaverna, infermiere coordinatore dei due Day hospital, oncologico e medico, dell'ospedale di Cuneo e presidente dell'OPI, l'Ordine delle professioni infermieristiche.

Un anno fa la cancellazione dall'ordine era stata di 109 professionisti. Quest'anno il numero sfiora le 200 unità. 199 per l'esattezza, contro le 150 nuove iscrizioni. Un deficit negativo che si vede anche sul numero totale degli iscritti in Granda: sono 4.715, tra infermieri e infermieri pediatrici. Un anno fa erano 4.764. Un lento, ma inesorabile declino.

"La situazione continua a peggiorare - ammette Galaverna, che sottolinea come l'effetto pandemia non si sia ancora esaurito. Tra questi infermieri "persi", ci sono dei pensionamenti, dei decessi ma, per la maggior parte, sono infermieri che hanno deciso di lasciare la professione".

Una professione dalla scarsa attrattività, evidentemente. Da un lato per gli stipendi, che sono tra i più bassi d'Europa, dall'altro per la mancanza di percorsi di avanzamento professionale, nonostante la continua formazione. A tutto questo, si aggiunge l'enorme carico di stress, ritenuto ormai quasi insostenibile per il 60% degli infermieri. Stress e difficoltà anche a conciliare la vita professionale con quella privata, tra turni massacranti e carichi emotivi a volte molto pesanti. 

Insoddisfazione a tuttii livelli, che rende quindi sempre meno appetibile la professione di infermiere, quella figura che abbiamo visto abbracciare l'Italia nel lungo e doloroso periodo del Covid.

Soluzioni a breve termine non ce ne sono. Se ne stanno cercando, anche in vista della riorganizzazione della Sanità, tra case della salute e ospedali di comunità, in un contesto demografico dove la popolazione è sempre più vecchia. 

Tra i nodi da sciogliere, a livello nazionale e a vantaggio della professione, c'è quella del "vincolo di esclusività per chi lavora nelle aziende pubbliche". Un medico può svolgere attività privata, un infermiere no. Se avesse tempo e disponibilità per prestare qualche ora di servizio nelle RSA, per esempio, cosa di cui ci sarebbe un enorme bisogno, non può farlo. Inoltre, evidenzia ancora Galaverna, "è necessario rivedere anche i percorsi organizzativi per sostenere il sistema sanitario, a rischio implosione".

Ma non può essere solo questo: c'è bisogno di implementare l'organico, rendendo la professione più appetibile - soprattutto per i giovani - a partire dal riconoscimento economico.  Nel frattempo, continua la fuga dalle corsie e crollano le iscrizioni alla laurea in Infermieristica, che segnano un meno 10%.

E' evidente che servono soluzioni urgenti, perché senza infermieri è a rischio la salute pubblica.

Barbara Simonelli

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