Il direttore del Centro Studi Nazionale Tartufo lo ha definito un passaggio storico invitando il sindaco di Enrico Faccenda a parlare di una vera e propria “Carta di Canale”, in grado di rivoluzionare la cerca del prezioso Tuber magnatum pico.
In realtà la consulta che era in programma questa mattina, domenica 14 gennaio, nel municipio del popoloso comune roerino, non nasceva sotto i migliori auspici con il presidente del Tartufai delle Rocche del Roero, i custodi della più grande tartufaia del Piemonte che si dichiarava scettico sulle possibili intese che sarebbero potute emergere nel tavolo.
L’occasione era la festa dei Tabui organizzata dall’Enoteca regionale del Roero con gran cerimoniere il senatore Marco Perosino.
Enoteca che ha organizzato il tavolo di cui facevano parte, oltre ai trifolao, le associazioni di categoria, i vertici dell’Ente Fiera internazionale del tartufo bianco, il succitato Centro Studi Nazionale Tartufo e gli amministratori del territorio a partire dal senatore Giorgio Bergesio e dal vicepresidente della Regione, con delega al tartufo Fabio Carosso.
La posizione dei trifolao era chiara e andava nella direzione di uno slittamento della cerca. Ne avevo scritto diffusamente nel Farinél di inizio dicembre 2023, in occasione della conclusione della Fiera Internazionale del tartufo, una fiera da record per numero di turisti, ma con pochissimo tartufo a causa delle temperature troppo alte.
Come ricordato più volte quello della penuria di tartufo bianco in Langhe e Roero non è un tema, ma il tema per il nostro territorio, perché il prezioso tuber, che a dispetto del nome è bene ricordare sempre essere un fungo ipogeo, è un metronomo della salute dell’ambiente e della biodiversità ormai scomparsa in bassa Langa.
Il Centro studi nazionale per il tartufo ha stimato che per ogni 50 euro di tartufo lamellato in Langhe e Roero si crei un indotto turistico sul territorio di oltre 1.000 euro.
Nel 2022 su 600 mila arrivi nell’Atl che oggi comprende anche il Monferrato, oltre 150 mila sono stati concentrati nei mesi di ottobre e novembre. Nella sola città di Alba l’autunno vale circa il 30% dei 100 mila arrivi dello scorso anno.
Questo vuol dire creare ricchezza e soprattutto occupazione per un settore turistico che da alcuni anni è traino economico del nostro territorio. Ma come è possibile proporre un prodotto che ha bisogno di pioggia e freddo per formarsi dal 21 settembre o addirittura, nel caso della Liguria, dal 14 settembre, con temperature oltre i 30 gradi?
La risposta è semplice: non è possibile e i trifolao da tempo chiedevano alla politica di intervenire per spostare in avanti il periodo della cerca del tartufo.
L’accordo, a dispetto delle attese, è stato totale e a darne l’annuncio è stato lo stesso Fabio Carosso che ha precisato che la cerca del 2024 partirà il primo ottobre e non il 21 settembre e che la stessa data è stata scelta dalla Regione Toscana.
Ora la palla passerà al senatore Giorgio Bergesio che avrà il compito di fare pressioni perché la data dell’avvio della cerca venga uniformata in tutta Italia al primo ottobre.
Lo slittamento di 10 giorni è stato salutato con grande favore dai trifolao nostrani che lo chiedevano da tempo.
Il secondo passaggio epocale è stato annunciato dalla presidente dell’Ente fiera Liliana Allena che ha garantito lo slittamento dell’inaugurazione di una settimana, quasi sicuramente a venerdì 11 ottobre avvicinandosi alla seconda parte del mese di ottobre, come da molti addetti ai lavori.
L’obiettivo dichiarato è andare verso una apertura della Fiera fin quasi a Natale, il periodo migliore per degustare il prezioso Tuber Magnatum pico.
Insomma, dalla consulta è emersa comunione di intenti sull’opportunità di spostare verso i mesi più freddi la cerca e la Fiera, in un’epoca caratterizzata dalla crisi climatica.
Sappiamo, però, che la sfida più difficile e probante passi dalla frase del commendator Ponzio “No alberi, no tartufi”.
Questo deve diventare lo slogan di tutti per far sì che non si perda un veicolo straordinario di turismo per il nostro territorio. L’importante è piantare alberi, creare tartufaie, favorire la formazione di quel piccolo fungo ipogeo, così fragile e così prezioso.
Un messaggio che è stato ribadito a gran voce nella consulta che ha chiesto alla Regione di vigilare sulla tutela delle tartufaie impedendo di sradicare alberi e di impiantare nuovi vigneti.
I trifolao hanno chiesto alle istituzioni, inoltre, di controllare la regolarità dei cercatori di tartufi perché a fronte di un numero in costante crescita, sarebbero in diminuzione le sottoscrizioni di tesserini con una buona metà di cercatori che svolgono l’attività abusivamente in barba a chi rispetta le regole.
Tirando le fila, tanto resta ancora da fare, ma le fondamenta sembra siano state messe, con la speranza che l’accordo non nasca solamente con motivazioni di logiche elettorali, sarebbe un peccato, perché, come detto, dal futuro del tartufo bianco d’Alba passa molto del futuro di questo territorio, divenuto un punto di riferimento nel mondo grazie a quel rarissimo fungo ipogeo.