"Da oggi si aprono nuove sfide, sono contentissimo di quello che abbiamo fatto e fiducioso per quello che potrò ancora fare nel territorio e per il territorio". La sua voce è calma, dispensa pensieri precisi e delinea progetti futuri.
Per Roberto Cerrato, ieri 31 gennaio, è stato l'ultimo giorno da direttore dell’Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato. Un'occasione per fare un bilancio e ripercorrere 20 anni che hanno portato Langhe, Roero e Monferrato a essere riconosciuti patrimonio dell'Umanità.
Cosa ricorda dell'inizio della sua avventura?
"All'inizio non sapevamo cosa fare e la portata di quello che stavamo per compiere. In un certo senso non eravamo del tutto consapevoli della bellezza e della specificità del nostro territorio, o forse la davamo per scontata. C'è stato un lavoro di squadra immenso, abbiamo dovuto presentare due dossier, nel primo del 2011 mancava l'apertura culturale delle nostre aree. Abbiamo peccato un po' di esperienza".
E poi cosa è successo?
"All'inizio le regole dell'Unesco sembravano solo delle pressioni, dei paletti, ma poi certi criteri che hanno sviluppato un piano paesaggistico ci hanno permesso di crescere non solo in quantità, ma soprattutto in qualità. Di farci conoscere al di fuori dei nostri confini e di riappropriarci del nostro orgoglio e della nostra identità".
Turismo e cultura quindi si possono conciliare?
"Si tratta della sfida più grande per gli amministratori e per tutti gli addetti ai lavori: capire che sono due elementi intimamente legati e che tradizione e modernità devono convivere. Basta un esempio concreto: l'importanza delle radici nella narrazione e nella comprensione di quello che siamo. I nostri anziani sapevano interpretare il meteo e avevano una grande cultura della manutenzione fluviale e paesaggistica, elementi che abbiamo perso. Non bisogna perdere la nostra storia, mi piace, per esempio, l'idea di sviluppare una banca della memoria".
Allo stesso tempo il mondo cambia in maniera rapida.
"Certo, basti pensare al cambiamento climatico, a come influisce sul mondo del vino stesso. La scarsità di acqua che abbiamo provato sulla nostra pelle negli ultimi anni sta trasformando la nostra progettualità e quella della priorità delle opere. Sta cambiando tutto, anche la nostra accoglienza turistica: bisogna ragionare su più piani e accompagnare i turisti anche sfruttando gli strumenti digitali ma facendogli conoscere la nostra essenza, che è un po' come una fragranza, un profumo. Bisogna infondere l'amore per il territorio".
Il suo è un bilancio positivo?
"Assolutamente, è stata un'esperienza esaltante, molto positiva da tutti i punti di vista. Ringrazio tutti quelli con cui ho lavorato e tutti coloro che mi hanno manifestato affetto e stima. Un grazie ovviamente a tutti i componenti dell’associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato del presente e del passato: il riconoscimento a Patrimonio dell'Unesco non è un punto di arrivo, il lavoro da fare è ancora tanto".
Lei ora cosa farà?
"Continuerò a lavorare per il territorio come presidente del Centro Studi per il Paesaggio Culturale di Langhe Roero Monferrato, potrò concentrarmi sui dettagli che a volte sfuggono ai progetti più generali, poi resterò nella commissione nazionale Unesco come esperto sul tema dei paesaggi vitivinicoli".
Il 29 febbraio alle ore 17.30 al palazzo Banca d'Alba presenterà anche un libro.
"Si tratta del volume 'Le vigne, un patrimonio da salvaguardare che unisce" che ripercorre il percorso di questi 20 anni. Un sunto di emozioni e di piccoli traguardi quotidiani frutto del lavoro di squadra che condividerò volentieri. Il libro non sarà venduto, ma regalato agli invitati".