Era chiuso da dieci anni. Nell'agosto 2013 un incendio danneggiò parte del complesso culturale di via Accademia Albertina 15 a Torino. Da allora si sono susseguiti interventi infrastrutturali, di messa in sicurezza e adeguamento. Fino al 13 gennaio 2024, giorno di riapertura al pubblico del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino. Il direttore che ha curato i lavori è l'ingegnere cuneese Marco Fino, 45 anni, sposato e con due figli.
Fino all'altro ieri lei si occupava di energia per la Provincia di Cuneo. Come è arrivato a dirigere il Museo di Torino?
“Sono un ingegnere elettrico. Ho lavorato per la Provincia di Cuneo per 15 anni nell'ufficio Energia, fonti rinnovabili e risparmio energetico. Ho vinto un concorso pubblico in Regione ed, essendo il museo regionale, è appunto un dirigente regionale ad occupare questo posto. A maggio 2023 sono stato indicato per occupare il ruolo di direttore del museo. Sono in effetti atterrato su un pianeta nuovo. La Regione Piemonte mi ha dato un'occasione che ho colto volentieri ma che resta per me del tutto nuova, considerato che fino a ieri mi sono occupato di energia, efficientamento degli edifici e temi simili”.
Che ci azzecca un ingegnere a dirigere il Museo di Scienze Naturali?
“È meno strano di quello che si possa pensare. Io porto un metodo di lavoro: tempi, metodi e organizzazione. Questo è l'aspetto essenziale del mio ruolo. Non mi occupo tanto della natura scientifica, quanto di competenza organizzativa e gestionale. Chi mi aveva preceduto aveva iniziato alcuni percorsi. Io li ho finalizzati e accelerati per arrivare alla riapertura del Museo”.
La riapertura era molto attesa dai torinesi. È stato un vero e proprio evento.
“Oserei dire che la riapertura era attesa dai piemontesi e non solo dai torinesi. I piemontesi ci vogliono bene. Io, che vengo da Cuneo e non ero di certo un volto noto in città, venivo fermato per sapere quando avremmo riaperto. È andato tutto oltre ogni più rosea previsione. Abbiamo avuto code e sold out per il primo mese gratuito e prenotazioni importanti per i mesi a seguire. Parliamo di 45 mila prenotazioni nelle prime tre settimane”.
Cosa trovano i visitatori nel Museo di Scienze Naturali?
“Al Museo si accede dal portone di via Accademia Albertina 15. L'entrata, che reca ancora la scritta 'Museo di Zoologia', è quella storica, che si aprì nel 1936 quando l'allora Museo di Storia Naturale venne trasferito all'interno del palazzo dell'Ospedale di San Giovanni. Tra le novità due videomapping, di cui una sull'elefante Fritz, e un totem dotato di Intelligenza Artificiale generativa. All'interno si trova l'avatar di sir Alfredo Russel Wallace, il padre della biogegrafia con cui il pubblico potrà dialogare. Abbiamo voluto rispettare lo spirito ottocentesco della struttura, dall'allestimento ai mobili che risalgono a quel periodo. Anche i reperti sono ottocenteschi e fanno parte della storia del museo. Raccontiamo la storia degli esploratori piemontesi dall'Ottocento in poi, che hanno creato le risorse all'interno della struttura”.
Parliamo comunque di un'apertura graduale.
“Non esporremo mai tutte le collezioni. Parliamo di 7 milioni di reperti, di cui 5 milioni di insetti che compongono la sezione entomologia. A queste si sommano quella dedicata alla paleontologia, alla mineralogia, alla botanica ed infine zoologia. E, anche a museo completamente aperto, non potremmo che esporne in totale qualche migliaio. L'idea è iniziare il percorso di riaperture nel 2024 che andrà avanti per un po' di anni. Non prima del 2030 avremo tutti gli spazi espositivi aperti, poi ruoteranno nel tempo”.
Qual è stato il suo apporto da direttore nella riapertura?
“L'input che ho cercato di dare è stato quello di non copiare da altri, ma di creare storie nostre e contenuti nostri. I reperti qui non hanno valore intrinseco solo per la loro natura scientifica ma perchè hanno storie da raccontare. Arrivano tutti da esplorazioni ottocentesche, scambi con altri musei. E quindi ho deciso di puntare sul raccontare, su una divulgazione diversa che ovviamente passa anche tramite i social. Poi stiamo ipotizzando anche video e podcast con una forma più innovativa. I numeri ci danno ragione: parliamo di cifre importanti anche per gli accessi alle piattaforme online. A visitare il sito e i canali social sono stati in oltre 400 mila. Anche il totem con l'avatar di sir Alfred Wallace, in grado di parlare con i visitatori grazie all’uso dell’intelligenza artificiale generativa, ha totalizzato ben 10 mila interazioni”.
Quali sono le domande più frequenti poste all'avatar di sir Alfred Wallace?
“Dal Museo hanno verificato che le domande più frequenti a lui poste sono state 'cos'è la linea di Wallace?' (una linea immaginaria che separa dal punto di vista biologico, la regione asiatica da quella relativa all'Oceania) e 'qual è il suo rapporto con Darwin?' (avevano idee molto diverse, talvolta opposte)”.
Qual è stato il momento più emozionante per lei alla direzione del Museo?
“Senz'altro il giorno della riapertura. Prima di aprire al pubblico, abbiamo dedicato una giornata alla stampa. Ho aperto io personalmente le porte e c'era questa frotta di giornalisti e fotografi in attesa che si è fiondata all'interno. È stato bello ed emozionante pensare che la sera prima eravamo ancora lì a curare gli allestimenti e ci chiedevamo se le nostre scelte sarebbero state comprese e condivise.
E poi l'arrivo delle prime scolaresche. Ho voluto assistere personalmente. C'è una sala pensata per i più piccoli dove si vive un'esperienza immersiva. C'è un muro di proiezione molto grande dedicata al fondale marino. Ebbene, ho visto la reazione di un gruppo di bimbi delle elementari che erano seduti per terra ed erano estasiati. Vedere nei loro occhi il sogno e la meraviglia mi ha ripagato di ogni sforzo. Si sentivano in fondo al mare. Quel momento mi ha davvero emozionato, è stata una cosa meravigliosa”.
I suoi figli cosa pensano del Museo?
“Ho due figli, uno di 16 e uno di 11. Entrambi sono molto contenti e hanno apprezzato il lavoro fatto, soprattutto il più grande che non mi perdona nulla. Quindi direi prova superata”.
Qual è il target del Museo?
“Vogliamo coprire più target. Abbiamo cercato di allargare quanto più possibile. Pensiamo alle scuole e alle famiglie ma anche al mondo turistico-culturale che quando va nelle città d'arte va a vedere musei. Non per forza per la passione della scienza ma per la bellezza della natura e della scienza. La natura è in grado di creare opere d'arte autonomamente e noi possiamo ammirarle come un quadro”.
C'è qualche reperto o parte del Museo che preferisce?
“No. Difficile, direi impossibile definire un reperto migliore di un altro. La bellezza di questo Museo sta proprio nella diversità e nella complessità, sta in un insieme più ampio e diverso”.
Ormai è stato adottato dalla città di Torino. O non dimentica le sue radici cuneesi?
“Io continuo a vivere a Cuneo e faccio il pendolare. Anzi per la precisione risiedo a Borgo San Dalmazzo, ma ho sempre vissuto a Cuneo. Sono molto legato alle origini cuneesi. Mi piace la qualità della vita che si respira a Cuneo. Poi non potrei mai rinunciare alle montagne che stanno intorno. E infine ho amici e famiglia legati da tutta la vita a questa splendida terra. Insomma rimango orgogliosamente cuneese”.