/ Agricoltura

Agricoltura | 06 marzo 2024, 11:42

Le modifiche ai disciplinari di Barolo e Barbaresco dividono le cantine. Rattalino: "Questioni fondamentali, serve un confronto"

Partito il deposito delle firme. Il produttore di Barbaresco si fa interprete di "numerosi colleghi critici" rispetto alle cinque proposte di variazione al vaglio del Consorzio

Le modifiche ai disciplinari di Barolo e Barbaresco dividono le cantine. Rattalino: "Questioni fondamentali, serve un confronto"

Un invito al dibattito e un appello alla necessità di "ben altra chiarezza e trasparenza" in seno a una decisione rispetto alla quale "io e i tanti colleghi contrari alle modifiche non intendiamo combattere una battaglia di retroguardia", ma esprimere "un voto consapevole e costruito sulla base di uno scambio di opinioni franco e complessivo", giacché si tratta di "questioni determinanti per il nostro futuro e quindi anche per il nostro consorzio. Niente di più. Ma niente di meno". 

Sono le parole con le quali il produttore di Barbaresco Massimo Rattalino si fa interprete delle perplessità sue e di quanti guarderebbero con riserva alle modifiche dei disciplinari di produzione di Barolo e Barbaresco Docg, il cui iter è stato avviato nelle scorse settimane dal consorzio di tutela guidato dal braidese Matteo Ascheri

Le modifiche (ne davamo conto qui) sono quelle comunicate nei giorni scorsi dal Consorzio agli associati e rispetto alle quali, dopo due incontri informativi tenuti il 22 gennaio nel municipio di Barbaresco e il giorno successivo all’Enoteca Regionale di Barolo – dallo scorso 19 febbraio è possibile depositare le firme, secondo la procedura prevista dallo stesso iter. Variazioni che, secondo quanto si sostiene in un documento diffuso ora dallo stesso Rattalino, "potrebbero segnare un vero e proprio nuovo corso per le due nobilissime Dop"

Nello specifico i cambiamenti hanno per oggetto la limitazione della zona d’imbottigliamento del Barolo e del Barbaresco; la possibilità di introdurre una opzione di reciprocità tra zona del Barolo e zona del Barbaresco (e viceversa) per la vinificazione e imbottigliamento; l’eliminazione del divieto d’impianto vigneti di Nebbiolo da Barolo e Barbaresco lungo i versanti collinari esposti a Nord; l’estensione delle menzioni comunali anche a vantaggio del Barbaresco e, infine, il via libera all’utilizzo per l’imbottigliamento anche di formati con capienza superiore a 6 litri con limite massimo fissato a 18 litri. 

"Il provvedimento di maggiore consistenza e urgenza – si legge nel documento – è certamente quello che ha per oggetto il contenimento della zona d’imbottigliamento. In questo senso i due disciplinari non prevedono, ab origine, la delimitazione di confini stante il fatto che un tempo non era possibile trasferire ingenti quantità di vino su grandi distanze senza pagare pegno in termini di qualità e mantenimento delle caratteristiche. Giova ricordare che, in questo senso, la maggior parte delle denominazioni italiane ancora oggi non pone confini per l’imbottigliamento. Di recente, ad esempio, e sempre a proposito di Barolo Dop, è scolastico l’esempio di un importatore americano che prese l’iniziativa di mettere in bottiglia 50 ettolitri di Barolo Dop sfuso 'idoneo' secondo la Commissione di degustazione. Ne ottenne circa 6mila bottiglie che vennero regolarmente messe in vendita. A questo proposito il Consorzio precisa che 'questa è la sola misura caldeggiata per la sua importanza, urgenza e necessità'". 

"Una questione di filiera che – si continua –, delimitando l’area di imbottigliamento e facendola coincidere esattamente con quella di vinificazione, potrebbe garantire maggior controllo, più tutela della qualità del prodotto e una più attenta perequazione rispetto al trattamento fiscale che, allo stato, penalizza chi esporta Barolo e Barbaresco imbottigliato a vantaggio degli importatori di vino sfuso". 

La seconda ipotesi di variazione ha per oggetto "l’adozione di un principio di reciprocità volto a superare l’attuale situazione che vede le zone del Barolo e quella del Barbaresco Docg come una sorta di compartimenti contigui, ma perfettamente stagni. Se troverà i voti degli associati, in realtà non così unanimemente convinti della bontà della cosa, la proposta permetterà che nelle cantine dove si vinifica il Barolo si possa imbottigliare anche il Barbaresco e viceversa". 

"Se le cose dovessero cambiare, però, potrebbe accadere e questo proprio non piace a diversi produttori che si formerebbe un 'campo grande' dove la coincidenza geografica tra le aree di vinificazione e imbottigliamento consentirebbe l’ingresso in gioco di tutti i comuni attualmente non compresi nelle due zone di vinificazione". 

Un concetto non immediatamente evidente, ma facilmente comprensibile osservando la mappa che pubblichiamo a seguire. 

"L’ampia zona verde – si spiega –, nella terminologia Unesco una sorta di Core Zone tra i Comuni del Barolo e del Barbaresco, comprende Alba e nei fatti consentirebbe la creazione di un’area vasta delimitata a Est dai confini della Docg Barbaresco, ma estesa a occidente sino ai contrafforti di Monchiero. Situazione che, già è stato accennato, trova numerose voci critiche all’interno del Consorzio". 

“Credo – sottolinea Massimo Rattalino – che non si stiano valutando in modo adeguato tutti i rischi connessi a queste modifiche ai disciplinari. Nello specifico siamo di fronte al rischio di un drammatico svilimento del territorio che storicamente esprime queste due Docg. C’è un collegamento doppiamente univoco tra i vini e la terra che dona loro un profilo che possiamo chiamare 'unicità'. Questo è un territorio che ha fatto molto, ha lavorato moltissimo per costruirsi un presente e gettare le basi per il suo futuro. Rimescolare le carte mettendo in gioco città (come Alba…) o altri comuni a diversa vocazione potrebbe mettere in discussione le motivazioni stesse per cui si è lavorato tanto duramente per costruire l’immagine e – se mi è concesso – la fortuna di due brand come il Barolo e il Barbaresco. Che, sia chiaro, non sono patrimonio esclusivo e autoreferenziale di due piccole zone ad altissima vocazione. Ma fanno parte di un contesto che guarda allo sviluppo complessivo del nostro territorio”. 

“Siamo critici – riprende Rattalino – anche in merito al fatto che le cantine di produzione e affinamento sono oggi integrante nel territorio dove rappresentano mete turistiche molto apprezzate. Che ne sarà di queste se, un domani, saranno sostituite da capannoni in zona industriale o in periferia. Situazioni indubbiamente più economiche da realizzare e meglio collegate alla viabilità, ma davvero vorremo portare i turisti in questi luoghi privi di storia e di fascino”? 

E sulla possibilità di aprire alla coltivazione sui versanti esposti a Nord il produttore di Barbaresco spiega: “Ci sono più modi di esprimere questo concetto. E’ comprensibile che il cambiamento climatico e la singolarità di molte esposizioni di sommità possa essere presa in esame per la coltivazione della vite anche in quelle posizioni. Ma si deve trattare di poche eccezioni e non di una apertura 'senza se e senza ma!'. Altrimenti che senso avrebbe parlare dei 'sorì' e della valorizzazione delle piccole aree a maggiore vocazione.". 

Redazione

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A MARZO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium