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Cronaca | 24 ottobre 2024, 19:17

Dipendente di pompe funebri, padre dell'imputato, cadde dalla scala al cimitero: assolto il figlio

L'incidente sul lavoro avvenne nel camposanto di Acceglio nel 2021. L'uomo precipitò da un'altezza di quattro metri rimediando una prognosi di 160 giorni. A doverne risponderne penalmente era il titolare dell'azienda, appunto il figlio

Immagine di repertorio

Immagine di repertorio

Era un pomeriggio del maggio di tre anni fa, quando un dipendente di un’impresa di pompe funebri stava rimuovendo una lastra di marmo da un loculo del cimitero di Acceglio, in Valle Maira, in vista di una tumulazione che sarebbe avvenuta il giorno successivo.

Durante lo svolgimento dell’operazione, F. V., salito in cima a una scala alta quattro metri, nel tentativo di recuperare la lastra che gli era scivolata dalle mani perse l’equilibrio e cadde all’indietro. L’incidente gli costò la frattura del bacino e di due vertebre, con una prognosi di 160 giorni. A seguito dell’infortunio venne rinviato a giudizio davanti al Tribunale di Cuneo il figlio della vittima, L. V., succeduto al padre come titolare dell'impresa di famiglia: l’uomo è stato assolto stamane, giovedì 24 ottobre, dall’accusa di lesioni colpose aggravate perché il fatto non sussiste.

A effettuare i rilievi sul posto era stato il tecnico dello Spresal, il servizio prevenzione infortuni dell’Asl, che, presente in aula come testimone del pubblico ministero, aveva riferito la totale inidoneità della scala utilizzata dalla vittima per effettuare il lavoro. “La scala – aveva spiegato il tecnico in udienza – era stata messa a disposizione dal Comune di Acceglio per i visitatori. Il lavoratore non avrebbe dovuto utilizzarla. Oltre a essere inadatta, presentava la struttura realizzata con montanti tubolati molto sottili, che producono grandi oscillazioni. F.V. quel giorno, salendo sul penultimo o ultimo gradino, aveva sollevato una lastra del peso di 27 kg appoggiandola sul corrente superiore del parapetto: avrebbe voluto farla scivolare verso il basso mentre scendeva, ma la scala ha oscillato e lui ha cercato di afferrarla mentre cadeva in avanti”. 

Ed è proprio su questo punto che si è concentrata la posizione della Procura, rappresentata dal sostituto procuratore Attilio Offman, che aveva chiesto la condanna dell’imputato: “L’altezza è stata raggiunta con una scala non solo completamente inadeguata -aveva sostenuto il magistrato-  ma che nemmeno doveva essere utilizzata per queste funzioni perché munita di montanti troppo sottili. Lo stesso F.V.  ha ammesso che la soluzione c’era: si sarebbero dovuti rivolgere a un’impresa di muratori, che avrebbero messo a disposizione un ponteggio”.

Nel corso dell’istruttoria, era stato anche ascoltato l’infortunato, F.V.  Il padre dell’imputato, nel settore da più di quarant’anni, aveva spiegato al giudice di essere caduto per un suo errore: “Ho preso la scala con le ruote e mi sono avvicinato per togliere la lastra dalla parete - aveva riferito- In quel momento ho perso l’equilibro e non so perché sono caduto all’indietro. Ho lavorato come marmista per 16 anni e quel lavoro l’ho fatto milioni di volte: non era mai successa una cosa del genere".

Il difensore dell’imputato, l’avvocato Alessandro Ferrero, per il quale ha chiesto l’assoluzione, ha invece sostenuto l’impossibilità per il figlio di poter impedire al padre di svolgere tale lavoro in quel modo: “Che cosa avrebbe dovuto fare? - ha chiesto- È come la situazione dell’operaio specializzato istruito perfettamente dal datore di lavoro, che poi disabilita tutti i sistemi di sicurezza per operare sulle macchine. Abbiamo un socio lavoratore che per 43 anni è stato il proprietario dell’azienda e ha insegnato al figlio il mestiere, e non ne vuole sapere di essere regolato dal figlio”.

CharB.

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