Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in Italia con 217mila decessi all’anno, di cui 17.000 in Piemonte. Con 1 paziente su 5 a rischio di un secondo evento cardiovascolare entro il primo anno dopo un infarto, il colesterolo LDL (C-LDL) rappresenta un fattore modificabile fondamentale per prevenire nuovi eventi. Tuttavia, l’80% dei pazienti non raggiunge i livelli raccomandati, esponendosi a possibili recidive.
Lo studio italiano AT Target-IT
La buona notizia emerge dalle evidenze dello studio italiano AT TARGET-IT coordinato dal Prof. Pasquale Perrone Filardi, Direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università “Federico II” di Napoli, Presidente SIC (Società Italiana di Cardiologia) a cui hanno partecipato l’UO di Cardiologia dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino diretta dal Dr. Giuseppe Musumeci, la Struttura Complessa a Direzione Universitaria di Cardiologia 1 dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara diretta dal Prof. Giuseppe Patti e la Struttura Complessa di Cardiologia ASL Torino 3 Presidio Ospedaliero di Rivoli diretta dal Dr. Ferdinando Varbella.
Oltre 700 pazienti trattati in 22 centri diversi
I dati dello studio che ha coinvolto 771 pazienti post-infarto trattati in 22 centri italiani, sono stati recentemente pubblicati sull’European Journal of Preventive Cardiology e dimostrano l’efficacia dell’approccio “colpisci presto, colpisci forte”: intervenire subito dopo l’infarto, in modo intensivo con anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9, abbassa i livelli di C-LDL fino al 70%. Il 68% dei pazienti ha raggiunto l’obiettivo raccomandato di C-LDL (55 mg/dL) già al primo controllo offrendo così una protezione efficace e sicura nella delicata fase post-infarto.
“I pazienti che hanno avuto un infarto sono considerati ad altissimo rischio. Le linee guida europee raccomandano di raggiungere livelli di LDL inferiori a 55 mg/dL, e addirittura sotto i 40 mg/dL per chi ha avuto multipli eventi cardiovascolari” afferma il Prof. Pasquale Perrone Filardi, Direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Università “Federico II” di Napoli e Presidente della Società Italiana di Cardiologia (SIC). “Tutti i pazienti dopo l’infarto dovrebbero fare un controllo dopo 4 settimane di terapia anti-lipidica per verificare l’efficacia del trattamento e se i livelli di LDL non sono ancora ottimali, è necessario modificare e ottimizzare la terapia”.
Con basso livello di C-LDL rischi minori
Il registro italiano AT TARGET-IT dimostra per la prima volta nella pratica clinica una chiara correlazione: più basso è il livello di C-LDL, minore è il rischio di nuovi eventi cardiovascolari, con benefici evidenti già dopo 11 mesi. Infatti, i pazienti che hanno raggiunto l’obiettivo di LDL 55 mg/dL hanno visto una significativa diminuzione del rischio rispetto a quelli che non l’hanno raggiunto e che hanno livelli superiori.
Il beneficio si è dimostrato ancora superiore per chi ha livelli di colesterolo LDL sotto i 43 mg/dL e massimo per chi scende sotto i 23 mg/dL. Questi risultati confermano che abbassare il colesterolo LDL in modo intensivo subito dopo un infarto è sicuro ed efficace con significativi benefici per ridurre il rischio di recidive.
Se i dati dello studio a livello nazionale segnano dei traguardi importanti, le evidenze a livello locale sono ancora più incoraggianti; una notizia importante considerando che in un anno in Piemonte nel ci sono circa 10.000 infarti.
L'approccio 'colpisci presto e forte'
“Circa il 25% dei pazienti del nostro centro, ovvero circa 120 pazienti all’anno, sono stati trattati con l’approccio colpisci presto e colpisci forte” afferma il Dr. Giuseppe Musumeci, Direttore di Cardiologia presso l’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino. “Con l’uso degli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 in associazione a statine ed ezetimibe, si riesce a portare i pazienti a raggiungere i livelli di LDL target in oltre il 95% dei casi entro i 6 mesi, con una riduzione del colesterolo LDL di oltre il 75% (fino a 30mgdL). Inoltre, nell’ultimo anno, abbiamo osservato una diminuzione significativa dei secondi eventi, con benefici per i pazienti che migliorano la qualità e la durata della vita e con una riduzione dei costi legati ai ricoveri evitati”.
L’efficacia dell’approccio “colpisci presto e colpisci forte” dipende in modo significativo anche dall’aderenza alla terapia. Secondo la letteratura scientifica, solo circa 5 pazienti su 10 (45,9%) a rischio molto alto e 3 su 10 (30,2%) a rischio medio seguono regolarmente una terapia ipolipemizzante tradizionale.
“Un secondo risultato significativo è l’aderenza alla terapia - continua il dr. Giuseppe Musumeci - I dati mostrano un tasso del 97% di aderenza agli anticorpi monoclonali inibitori PCSK9 a 6 mesi. Si tratta di terapie iniettive, e a questa modalità di somministrazione sia il paziente che il medico di medicina generale, attribuiscono molta importanza; pertanto, risulta molto difficile che vengano sospese in modo autonomo. Inoltre, la terapia iniettiva è semplice da somministrare, elementi che confermano i dati di alta aderenza riscontrati nell’esperienza nel nostro centro”.
Il ruolo dei pazienti nella prevenzione secondaria
Oltre a mantenere una costante aderenza ai trattamenti, i pazienti possono giocare un ruolo attivo nella loro prevenzione secondaria. Per i pazienti post infarto, è fondamentale che, se i livelli di colesterolo LDL non raggiungono gli obiettivi raccomandati, si consultino con il proprio specialista. Questo permette di ottimizzare la strategia terapeutica e garantire la massima protezione contro futuri eventi cardiovascolari.