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Schegge di Luce | 17 novembre 2024, 07:29

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di don Marco Panero

Commento al Vangelo del 17 novembre, XXXIII Domenica del Tempo Ordinario

“Cristo risorto”, chiesa dei Battuti Bianchi, a Bra

“Cristo risorto”, chiesa dei Battuti Bianchi, a Bra

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre» (Mc 13,24-32).

Oggi, 17 novembre, la Chiesa giunge alla XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B, colore liturgico verde).

A commentare il Vangelo della Santa Messa è don Marco Panero, sacerdote salesiano originario di Bra.

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

Eccolo, il commento.

L’anno liturgico volge ormai al termine, e anche il Vangelo ci invita a guardare per una volta tanto alla fine di tutte le cose, che è anche il fine, la destinazione a cui la creazione è incamminata. E a farlo con fondata speranza.

L’apparato mediatico ci dispensa quotidianamente scenari catastrofici sul futuro, complice una narrazione che enfatizza un permanente “stato di emergenza”. Anche il Vangelo annuncia una catastrofe futura, un vero e proprio stravolgimento cosmico, che però ha un sapore confortante, quasi lieto. È un evento da attendere, non da sfuggire, perché non ha nulla di minaccioso: è la venuta del Signore Gesù alla fine dei tempi. Una delle poche, indiscutibili certezze sul futuro.

Il Signore che verrà alla fine dei tempi - e che viene per ciascuno alla fine della sua vita, nel giudizio particolare all’atto della morte - non è un estraneo da cui guardarsi. È quel Gesù che abbiamo conosciuto, amato, servito per una vita intera, che abbiamo adorato nell’Eucaristia e del cui Corpo ci siamo nutriti fin da piccini. Non un giudice anonimo, ma il nostro Redentore, che renderà giustizia al modo in cui abbiamo vissuto. Non un ladro che viene a derubarci, ma il padrone della vigna che viene a cogliere quanto gli appartiene ed era stato pattuito.

«Sappiate che egli è vicino, è alle porte» (Mc 13,29). Quanta consolazione, fiducia, spirito di sacrificio dovrebbero infonderci queste parole!

Consolazione quanto al passato, alle ferite aperte che ha lasciato su di noi, alle ingiustizie subite, alle relazioni interrotte e non più ricomposte, ai nostri stessi peccati. Quale consolazione sapere che la nostra causa è affidata a Dio, che l’ultima parola sul mondo, sulla storia, sulla nostra stessa vita, è quella di Dio! L’unico il cui giudizio sia compiutamente vero, al contempo giusto e misericordioso, garantito e infallibilmente certo.

Fiducia quanto al futuro, perché il futuro - quello personale e quello dell’umanità - non dipende soltanto dai progetti dell’uomo, o dai suoi tragici errori e peccati. Nel futuro della storia e della nostra vicenda personale Dio interviene come soggetto attivo. In verità, è proprio la garanzia di questa presenza benevola di Dio a rendere davvero promettente il futuro. Ogni paradiso umano realizzato senza Dio - anche il miraggio di un “paradiso ecologico” - finisce per diventare una gabbia che l’uomo si fabbrica con le sue stesse mani.

Ed infine, spirito di sacrificio quanto al momento presente. Sì, perché se sai che la tua vita sta avanzando verso il futuro buono preparato da Dio - un futuro che sarà sempre diverso da come ce lo immaginiamo - allora puoi sopportare con serenità la fatica del momento presente, con la sua dose di sacrificio e le inevitabili rinunce. Quanto cambierebbero la vita e i nostri giudizi, se imparassimo a leggere la storia dalla parte di Dio, dalla parte della fine, della venuta certissima del Signore Gesù alla fine dei tempi!

Lo confessiamo ogni domenica ad alta voce nel Credo: «E di nuovo verrà, nella gloria, a giudicare i vivi e i morti». Facciamolo diventare l’anima della nostra speranza, soprattutto in quest’Anno Giubilare ormai alle porte. Chi ha nel cuore questa grande speranza, chi sa che la propria vita, pur con fallimenti e ammaccature, va incontro a Dio, può guardare in avanti con serenità e permettersi il lusso di spendere i giorni terreni, impegnandosi coraggiosamente nel bene. Fedele è Colui che ha detto: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».

Silvia Gullino

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