“Sei viscida e insulsa”. “Arriverà tutto, arriverà tutto il resoconto”. “Non me ne frega un c...o di essere aggressivo”. “Sei una c...o di m...a vivente”. “Ti strappo il cuore”.
Queste, alcune delle frasi che avevano convinto una donna di Saluzzo a denunciare il padre di suo figlio per stalking, M.P. quarantenne residente in Sardegna. Le accuse, che hanno poi portato l’uomo sul banco degli imputati in tribunale a Cuneo, riguardavano telefonate minatorie e intimidatorie alla donna, che era tornata ad abitare a casa dei suoi genitori in un piccolo paese vicino a Saluzzo. Nel processo, la donna ha deciso di costituirsi parte civile.
Una violenza, come ha ricostruito il pubblico ministero, non fisica ma psicologica. Quelle continue telefonate in cui lui la minacciava di far ritorno in Piemonte per “strapparvi il cuore e mangiarmelo”, per “caricare il bambino in macchina” e “ammazzare tutti” creavano paura.
Quel timore che davvero qualcosa di brutto potesse succedere, è stato anche raccontato dalla madre della ragazza, che ha spiegato al giudice di aver messo un divano contro la porta del salone per impedire all’ex genero di entrare in casa. La vittima, dal canto suo, aveva anche riferito di aver preso un nuovo cane per gare la guardia: “Quello di prima avrebbe riconosciuto il mio ex marito” aveva detto.
I due ex coniugi, inizialmente, erano andati ad abitare in Sardegna, paese di origine di lui. Poi, quando lui si licenziò dal lavoro durante il Covid, lei decise di lasciarlo e tornare in Piemonte: “Mi rispondeva ‘se non ti sta bene fai le valigie e vattene, ma il bambino di papà sta con papà’”. E in quelle telefonate, M.P. lamentava insultando la donna di averle messo contro il figlio e che fosse colpa sua se lui non voleva vedere: “Non l’ho mai messo contro suo padre - aveva assicurato lei -, non raccontavo nulla: dicevo solo che il padre era lontano”.
Oltre allo stalking, l’uomo era anche accusato di di non aver versato gli assegni di mantenimento dal 2021 ad oggi. Gli arretrati ammontano a circa 17.500 euro. Il giudice, sentite le richieste delle parti, ha condannato M.P. a un anno di carcere: ma la pena rimarrà sospesa purché l’imputato frequenti settimanalmente e superi specifici percorsi di recupero volti alla prevenzione e al contrasto delle violenze di genere.