Cronaca - 23 novembre 2024, 10:03

Centallo, quel duplice delitto di 50 anni fa rimasto senza risposta

La sera di sabato 23 novembre 1974, due giovani di 18 e 19 anni, uno di Tarantasca l’altro di San Chiaffredo di Busca, vennero rinvenuti cadavere in una fitta boscaglia uccisi con colpi d’arma da fuoco sparati a bruciapelo alla nuca. Si parlò di un’esecuzione, ma l’inchiesta non giunse mai ad individuare i responsabili

Il fatto raccontato dalla Gazzetta del Popolo di domenica 24 novembre 1974

Esattamente 50 anni fa un duplice, efferato delitto scuoteva la provincia Granda. 

La sera del 23 novembre 1974, come oggi un sabato, due giovani erano stati rinvenuti cadavere in un canale nelle campagne tra Tarantasca e Centallo, nei pressi di una fitta boscaglia.

Questa la cronaca dei fatti.

Intorno alle 18,30, quando già è buio, l’autista di un camion addetto alla raccolta del latte scorge un corpo esamine ai margini di un corso d’acqua nei pressi della cascina Chiabottasso in località Sagnassi.

Giunti sul posto, i carabinieri trovano poco distante un altro cadavere, anch’esso riverso nell’acqua. 

I corpi vengono ben presto identificati. 

Si tratta di Angelo Barisone, 18 anni, residente a Tarantasca, e Chiaffredo Cavallo, 19 anni, abitante a San Chiaffredo di Busca.

Da subito si capisce che entrambi sono stati eliminati con colpi d’arma da fuoco sparati a bruciapelo alla nuca.

Un fatto inquietante, sia per l’età dei giovani, sia per la modalità della morte che ha tutte le caratteristiche di una vera e propria esecuzione e che induce carabinieri e polizia ad una serrata mobilitazione.

Scattano indagini a vasto raggio. 

Dopo qualche giorno, gli inquirenti cominciano ad ipotizzare che la loro morte sia da mettere in relazione alla possibilità che i due giovani siano stati autori, insieme ad altri complici, della rapina a mano armata al direttore della filiale della Cassa di Risparmio di Tarantasca avvenuta pochi giorni prima, lunedì 18 novembre, e di quella all’agenzia della Banca di Novara, avvenuta martedì 19 novembre, a Chiusa Pesio.

Un bottino non ingente, ma significativo per quegli anni: 10 milioni di lire nel primo caso, 6 nel secondo.

L’auto usata dai banditi, una Fiat 124, viene ritrovata a Centallo: nell’abitacolo si riscontrano evidenti segni di colluttazione. 

In seguito, anche l’auto di Cavallo, una Fiat 500, viene rinvenuta, abbandonata in un fossato, sotto un ponte nei pressi dello stabilimento Michelin, a poco più di un chilometro dalla frazione Ronchi di Cuneo. 

La brutale modalità dell’assassinio – l’autopsia conferma che i due ragazzi sono stati freddati con colpi sparati alla testa da distanza ravvicinata – sembra confermare la tesi degli inquirenti e cioè che si sia trattato di un regolamento di conti dopo le due rapine.

In particolare, gli investigatori ritengono che Cavallo e Barisone siano stati usati come “pedine”, utilizzati perchè pratici della zona e perchè a conoscenza delle abitudini dei rapinati. 

Tuttavia, nonostante queste convinzioni, suffragate da una serie di riscontri probatori, non si arriverà mai ad una verità giudiziaria ma soltanto alla ricostruzione del quadro delittuoso.

Gli autori della feroce esecuzione - che fece scrivere al cronista de La Stampa Gianni De Matteis (con un po’ di enfasi) che nella Granda in quei giorni si viveva “una cupa atmosfera da Chicago anni ‘30” - non vennero mai individuati. 

Il duplice omicidio di Centallo è da annoverare tra i tanti misteri del Cuneese rimasti senza risposta.

Giampaolo Testa