Uomini, se per caso oggi vi capiterà di guardare il calendario, preparatevi ad avvertire un leggerissimo brivido.
Torna una data simbolica, che grida dolore per tutte le donne vittime di maltrattamenti e violenze. È la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, conosciuta anche come Orange Day, perché in tutto il mondo viene identificata con il colore arancione, scelto da UN Women, come simbolo di un futuro migliore senza numeri da emergenza planetaria.
Una ricorrenza in cui non si deve parlare solo di femminicidio (e in una sola giornata, il 25 novembre, vestendosi di rosso e urlando alla vergogna), che è la conseguenza massima dell’intera questione, ma anche di tutte le altre forme di violenza, da quelle psicologiche a quelle fisiche, da quelle domestiche alle discriminazioni di genere nel mondo del lavoro.
La storia
Umiliate, picchiate, violentate, fatte a brandelli in/da una società che spesso non le tutela, ma anzi partecipa al linciaggio, le donne vengono lasciate sole e sono costrette a proteggersi, salvarsi da sole. Molte di esse costituiscono la parte lesa nei rapporti in famiglia, con il partner, a scuola, giudicate nei tribunali e dai media anche quando sono vittime, ad esempio per come sono vestite.
Proprio per questo è nata la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ricorda il 25 novembre 1960, quando le tre sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, attiviste di un gruppo politico clandestino, a causa della loro opposizione, furono brutalmente uccise dagli agenti segreti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo, a Santo Domingo, nella Repubblica Dominicana.
Dopo essere state fermate per strada mentre stavano andando a trovare i mariti in carcere, furono uccise a bastonate e gettate in un burrone dai loro carnefici che speravano di mascherare quella violenza con un incidente. Le tre sorelle sono passate alla storia anche con il nome di Las Mariposas (le farfalle), per il loro coraggio di opporsi alla dittatura e di lottare per i diritti femminili.
II 25 novembre 1981 avvenne il primo incontro internazionale femminista delle donne latino americane e caraibiche. Questa data divenne la data simbolo in loro memoria, per decisione dell’ONU, che l’ha istituzionalizzata il 17 dicembre 1999 con una risoluzione, la 54/134, dove si definisce questa violenza «Una delle violazioni dei diritti umani più diffuse, persistenti e devastanti che, ad oggi, non viene denunciata, a causa dell’impunità, del silenzio, della stigmatizzazione e della vergogna che la caratterizzano».
Un ulteriore passo in avanti è stato fatto con il riconoscimento della violenza sulle donne come fenomeno sociale da combattere, grazie alla Dichiarazione di Vienna del 1993. Secondo l’Articolo 1 della Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne, emanata dall’Assemblea Generale nel 1993, la violenza contro le donne è «Qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata».
E nella stessa dichiarazione si riconosce la matrice storica, sociale e culturale della violenza di genere: «Il femminicidio è la manifestazione di una disparità storica nei rapporti di forza tra uomo e donna, che ha portato al dominio dell’uomo sulle donne e alla discriminazione contro di loro, e ha impedito un vero progresso nella condizione della donna».
Nel 1995 la scrittrice dominicana Julia Alvarez ha pubblicato il libro “Il tempo delle farfalle”, dal quale è stato anche tratto il film “In the Time of the Butterflies” con Salma Hayek nel ruolo di Minerva, una delle tre sorelle Mirabal.
Legislazione
Con l’evolversi della consapevolezza sociale, i sistemi legislativi dei vari Paesi e le organizzazioni internazionali hanno via via modificato norme, pene e fatto opera di sensibilizzazione rispetto a questo argomento, mettendo in atto sistemi per dare supporto alle vittime. La prima significativa innovazione legislativa in materia di violenza sessuale, in Italia, si era avuta con l’approvazione della Legge 15 febbraio 1996, n. 66, che ha iniziato a considerare la violenza contro le donne come un delitto contro la libertà personale, innovando la precedente normativa, che la collocava fra i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume. Con la Legge 4 aprile 2001, n. 154 vengono introdotte nuove misure volte a contrastare i casi di violenza all’interno delle mura domestiche con l’allontanamento del familiare violento.
Nello stesso anno vengono approvate anche le Leggi n. 60 e la Legge 29 marzo 2001, n. 134 sul patrocinio a spese dello Stato per le donne, senza mezzi economici, violentate e/o maltrattate, uno strumento fondamentale per difenderle e far valere i loro diritti, in collaborazione con i centri anti violenza e i tribunali. Con la Legge 23 aprile 2009, n. 38 sono state inasprite le pene per la violenza sessuale e viene introdotto il reato di atti persecutori, ovvero lo stalking.
Il nostro Paese ha compiuto un passo storico nel contrasto della violenza di genere con la Legge 27 giugno 2013 n. 77, approvando la ratifica della Convenzione di Istanbul, redatta l’11 maggio 2011. Le linee guida tracciate dalla Convenzione costituiscono infatti il binario e il faro per varare efficaci provvedimenti, a livello nazionale, e per prevenire e contrastare questo fenomeno. Il 15 ottobre 2013 è stata approvata la Legge 119/2013 (in vigore dal 16 ottobre 2013), conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, che reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere.
VADEMECUM
Ecco un piccolo vademecum che ci dice che cosa possiamo fare tu, io, noi, tutti il 25 novembre.
Chi chiamare in caso di violenza
Il 1522, cioè il numero nazionale antiviolenza, chiamato anche Telefono Rosa. L’aiuto viene svolto dai Centri Antiviolenza. Al 1522 rispondono le volontarie, tutte esperte nell’ascolto e nell’accoglienza delle donne vittime di violenza, anche grazie alla frequenza di corsi di formazione. A presenziare durante ogni turno, c’è anche un legale di provata esperienza che si occupa di spiegare alla vittima quali sono i suoi diritti ed i mezzi giuridici cui può ricorrere per ottenerne il riconoscimento. È una linea gratuita di aiuto sulla violenza, multilingue ed è attiva 24 ore su 24 in tutta Italia. II 1522 è un servizio pubblico promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari Opportunità, che è in contatto con il Centro Anti-violenza del territorio.
Che cosa succede con una denuncia per maltrattamenti
Conseguenze della denuncia-querela sono l’iscrizione nel registro delle notizie di reato, durata delle indagini preliminari, archiviazione o rinvio a giudizio.
Che cosa fa l’assistente sociale nei Centri antiviolenza
Si occupa di coordinare tutte le attività che ruotano intorno ad una donna vittima di violenza: dalla Procura agli avvocati, dalle Forze dell’ordine ai servizi sociali, passando per le scuole.
Chi aiuta le donne maltrattate
La violenza psicologica o fisica può essere denunciata rivolgendosi direttamente alle Forze dell’ordine, oppure, nel caso in cui si avessero difficoltà motorie, chiamando il numero 112 per richiedere il servizio di denuncia a domicilio. Non si tratta ovviamente di una scelta facile: solitamente una donna che subisce violenza all’interno della propria abitazione si sente sminuita, sola, inascoltata e incompresa. Chiunque abbia subito o stia subendo episodi di violenza può rivolgersi alla rete di strutture operative sul territorio, come l’Associazione Mai+Sole, attiva h24 al numero 335/1701008.
Come funzionano i centri antiviolenza
I centri svolgono diverse attività a cominciare dal primo ascolto telefonico, anonimo e gratuito, spesso disponibile 24 ore su 24. Dopo il primo contatto le donne possono decidere di avviare un percorso di uscita dalla violenza, avvalersi di consulenze legali, informazioni e aiuto nella ricerca di un lavoro e/o di una casa rifugio.
NUMERI
Non è una ricorrenza, ma una lotta, si dice del 25 novembre. Femminicidi, 120 donne uccise nel 2023, la metà dal compagno o dall’ex. È quanto risulta dal Rapporto sulle donne vittime di violenza curato dalla Direzione centrale della polizia criminale in occasione della Giornata internazionale della donna.
Quante donne uccise nel 2023
Perché seppure con una lieve diminuzione (-6%) rispetto all’anno prima sono 120 le donne uccise nel 2023. In 64 casi, più della metà, l’assassino era il marito, il fidanzato, il compagno o l’ex. E da gennaio 2024 ad oggi ci sono state altre 89 vittime.
Meno stalking, ma più violenze sessuali
Calano pure i maltrattamenti contro familiari e conviventi e gli atti persecutori, reati che nei tre anni precedenti avevano entrambi evidenziato un incremento costante. Al contrario le violenze sessuali sono in aumento: negli ultimi quattro anni i numeri sono saliti. C’è stato un “affioramento di sommerso”, si legge nel documento, ossia la testimonianza anche di una aumentata sensibilità verso il fenomeno.