Per dodici ore al giorno dovrà rimanere in casa agli arresti e solo per quattro potrà uscire, dovrà inoltre restare nel proprio comune di residenza e presentarsi ai Carabinieri ogni giorno e inoltre patente e passaporto gli saranno sospesi. Questa la pena inflitta in tribunale a Cuneo a F.Y.B., un ragazzo di origini ivoriane accusato di aver testimoniato il falso nel processo a carico dell'amico A.D. per una rapina avvenuta a Largo Argentera a Borgo San Dalmazzo. La vittima di quell’episodio, per cui poi il ragazzo era stato ritenuto colpevole, venne picchiato e derubato del cellulare. Era il dicembre 2018.
Ma riavvolgiamo il nastro. Prima che A.D., trentunenne somalo, venisse processato, F.Y.B qualche giorno dopo la rapina si recò a casa dell’amico per riscuotere un credito di 80 euro. Qui, la moglie di A.D., spaventata avvertì i Carabinieri i quali dopo aver parlato con il marito riferirono a F.Y.B. che in realtà l’uomo aveva detto di non dovergli restituire alcunché. A quel punto, arrivò la confessione: “F.Y.B. ci disse che A.D. gli aveva confidato di aver perso parte alla rapina occorsa nel dicembre 2018 - ha spiegato in aula uno dei Carabinieri-. Qualche giorno dopo lo convocammo in caserma per le sommarie informazioni”.
L’accusa di falsa testimonianza nasce dal fatto che, quando F.Y.B. venne chiamato a testimoniare nel processo contro l’amico, si nascose dietro a molti “non lo so” aggiungendo di non ricordare quanto detto ai Carabinieri in precedenza perché in stato confusionale. “Sì, lo so, mi sono dato la zappa sui piedi da solo – ha spiegato – ma quello che avevo dichiarato era vero. Era A. D. ad aver rapinato quel ragazzo, solo che al processo non ricordavo più se me lo aveva confessato lui o lo avevo saputo in giro”.