Attualità - 01 dicembre 2024, 12:14

Farinél/ Da miglior stabilimento della galassia Diageo alla chiusura in 10 anni

Storia di un idillio mai nato tra la multinazionale britannica e il nostro territorio e che pagheranno 349 lavoratori che per anni hanno arricchito l’azienda con turni di lavoro massacranti e disponibilità a lavorare nei weekend. Ora il territorio si compatti per trovare loro una veloce ricollocazione

Lo sciopero dello scorso giovedì alla Diageo

Nel 2007 e nel 2015 era stato premiato come il miglior stabilimento della galassia Diageo, quello con la maggiore produttività perché i lavoratori di Santa Vittoria d’Alba, l’unico polo industriale del colosso britannico nel sud Europa, erano (e sono) gli unici sempre pronti a sacrificare notti e fine settimana per rispondere alle esigenze dell’azienda.

Quella di Diageo non è una chiusura dovuta a contingenze o a sfortuna, è il frutto di una visione industriale miope improntata unicamente al profitto, a una industria e a modello lontani da quello piemontese che punta a creare ricchezza e benessere per il territorio dando valore. Quella di Diageo è finanza più che impresa e, si sa, la finanza non ha etica, conosce solo i numeri anche se poi, guarda caso, sprofonda molto prima delle imprese che hanno saputo creare valore.
Il ragionamento dei vertici della multinazionale non guarda in faccia a nessuno, non tiene conto della gratitudine, delle vite, delle storie, semplicemente ragiona con i freddi numeri e i freddi numeri dicono che, a conti fatti, di Diageo si può fare a meno.
Nel corso degli anni ho scritto più volte di questa azienda, a partire dal 2017 quando vennero annunciati 200 esuberi, poi scesi a 120 e infine a 43 con un grande lavoro del territorio, a partire dall’allora europarlamentare Alberto Cirio, un lungo lavoro di mediazione che aveva consentito di evitare danni maggiori per lo stabilimento premiato due anni prima come il migliore tra tutti gli stabilimenti Diageo.

La lezione non bastò ai vertici, nel frattempo l’azienda perse altre commesse, prima dello sprofondo ricostruito dal sito “Collettiva” della Cgil.

Trecentocinquanta vite bevute in un amen, come una vodka lemon. “Ci hanno svuotato passo dopo passo - denuncia Allemandi -, evidentemente le intenzioni dei vertici di Diageo erano chiare da tempo. La perdita dei volumi di produzione era già iniziata nel 2022, con la cessione dell’aperitivo bitter Picon a Campari. Poi, lo scorso luglio, la vendita al gruppo Montenegro del rum Pampero, altra produzione che impegnava le linee del sito di Santa Vittoria”.

Nell’articolo Frida Nachinovic aggiunge: "Già nel 2016 lo storico stabilimento ex Cinzano, che nel secolo scorso è stato un centro di riferimento di eccellenza per il settore vinicolo italiano, era entrato in crisi. Naturalmente per colpa delle ‘strategie di mercato’ della multinazionale, che in barba a ogni logica se non quella della ricerca della maggiore redditività, aveva deciso di cedere il comparto di un vino che arrivava addirittura dalla California e dall’Australia. Altro che chilometro zero. Bontà sua, il colosso delle bevande che ha il suo quartiere generale a Londra, decise di sostituire il comparto imbottigliamento vino con nuove produzioni come vodka, rum e bevande ready to drink a marchio Smirnoff. Il sereno non è durato molto, altre produzioni sono via via state trasferite in alcuni dei tanti stabilimenti della multinazionale nel nord Europa. Ora la decisione di chiudere, con Diageo che si è giustificata affermando che solo una piccola parte di quanto esce dalla distilleria di Santa Vittoria D’Alba è destinata al mercato italiano. Quindi la multinazionale che produce tra gli altri il whisky Johnnie Walker, la birra Guinness e la vodka Smirnoff, ha detto senza mezzi termini che si produrrà altrove e che la fabbrica deve essere chiusa entro il giugno 2026.
Strategie insomma rivelatesi sbagliate e che penalizzeranno 350 lavoratori del nostro territorio che alla Diageo hanno dedicato gran parte della propria vita.
La mia speranza, visto che di economia scrivo ormai a più livelli per il Corriere della Sera e per Made in Cuneo, l’house organ di Confindustria Cuneo, è che una Granda “affamata” di operai specializzati possa rapidamente contribuire al reimpiego dei lavoratori Diageo entro la chiusura prevista nel 2026. Visto che l’azienda pare irrevocabile e che la multinazionale inglese non ritiene più l’Italia strategica sarebbe anche ora di sfruttare l’ultimo grande potere che ci sia rimasto: quello di scegliere ciò che consumiamo privilegiando altri marchi che non siano nella galassia Diageo tra cui Baileys e Gordon’s, Captain Morgan, Pampero e Zacapa (Rum), Smirnoff (vodka), Johnnie Walker, J&B e Classic Malts (tra i whisky più venduti). L’azienda distribuisce sul mercato italiano anche i vini portoghesi Lancers e i prodotti della divisione birraria Guinness.
Alcuni tra i 50 marchi di una azienda che non ritiene più il nostro territorio e la nostra Italia importanti. 
Un’ultima speranza è che lo stabilimento non resti una cattedrale nel deserto perché a Santa Vittoria si è scritta la storia dell’enologia italiana e mondiale e dallo stabilimento Cinzano si sviluppa la vicenda eroica che ha portato al film “Il segreto di Santa Vittoria” con Anna Magnani ed Antony Quinn".
 

LA STORIA DELLA CINZANO

La nascita della Cinzano ha una data precisa: il 6 giugno 1757 quando i mastri distillatori Carlo Stefano e Giovanni Giacomo Cinzano venivano “congregati” nell’Università dei Confettieri e Aquavitari di Torino. Nella prima metà dell’Ottocento il re Carlo Alberto inizia la costruzione di grandi cantine sotterranee nel territorio di Santa Vittoria d’Alba per la lavorazione delle uve provenienti dai suoi possedimenti. Nel 1884, l’ormai esperto nella lavorazione del vermouth, Francesco Cinzano affitta dalla casa reale il feudo detto “’L Muscatel”. Il vermouth viene spedito ovunque, ma soprattutto in America del Sud, in fusti e bottiglie. Da Santa Vittoria partono anche centinaia di casse di Barolo, Barbera e Moscato. Nel 1893 la “Ditta Francesco Cinzano e Compagnia” acquista da Umberto I il ristorante “il Moscatello”. Lo stabilimento di Santa Vittoria a inizio Novecento impiega quasi mille lavoratori e nel paese roerino viene installato il primo impianto frigorifero in uno stabilimento enologico nel 1904. Innovativa anche la promozione dell’azienda con manifesti e poi con il Carosello. Nel 1929 anche la Florio e gli stabilimenti Woodhouse ed Ingham-Whitakerentrano a far parte del Gruppo che acquista il marchio del Ferro-China Bisleri. Nel 1999 lo stabilimento della frazione che ormai prende il nome dall’azienda viene ceduto al gruppo Diageo. Nel settembre 1999 il marchio Cinzano (ma non lo stabilimento) viene acquisito dal gruppo Campari. 
Diageo è una delle più importanti aziende sul mercato degli alcolici e fa parte delle 100 aziende con la maggior capitalizzazione nella borsa di Londra. Il gruppo è nato nel 1997 dalla fusione della britannica GrandMet e dell'irlandese Guinness Plc. Lo storico stabilimento di Santa Vittoria, uno dei 180 del gruppo Diageo, l’unico in Italia, con 350 dipendenti sui 50 mila totali del gruppo rappresenta un puntino nella galassia dell’azienda britannica. Un puntino capace però di distinguersi conquistando nel 2007 e nel 2015 la definizione di miglior stabilimento dell’intero Gruppo.

 

Marcello Pasquero