Se anche un personaggio non aduso alle polemiche qual è il presidente della Provincia Luca Robaldo si lascia andare a critiche, per quanto pacate, significa che il tema del ritorno all’elezione diretta delle Province è davvero finito nel dimenticatoio.
Il suo è un giudizio moderato, quasi sussurrato: “Non nascondo un pochino di rammarico – afferma di ritorno dall’assemblea romana dell’Upi (Unione delle Province) cui ha preso parte insieme ai consiglieri Antoniotti e Sannazzaro - perché, pur nella disponibilità espressa dai rappresentanti delle forze politiche di maggioranza e minoranza che erano presenti, non abbiamo scorto né nelle parole del ministro Calderoli, né nelle parole del ministro Piantedosi (il primo agli Affari Regionali e il secondo all’Interno) il concreto convincimento del Governo ad addivenire alla riforma delle Province”.
In quel “pochino” sta tutta la delusione di annunci, eterni rinvii, mancate decisioni.
“Confidiamo – conclude Robaldo quasi per autoconsolarsi - che l’intenzione del ministro Piantedosi di riforma del testo unico 267 del 2000 possa trovare il sostegno del Parlamento e velocemente restituire dignità alle Province”.
La realtà tuttavia è molto più cruda perché nessuno sa esattamente che fare.
Il possibile referendum sulla legge sull’autonomia (entro gennaio è atteso il pronunciamento della Consulta) ha indubbiamente concorso a rimettere la questione in secondo piano.
La legge Del Rio, che doveva avere una durata transitoria, ha superato i dieci anni di vita e all’orizzonte non si intravedono elementi che possano anche solo far pensare ad una reale volontà di un suo superamento.
Il ministro Calderoni, che pure l’aveva rilanciata in ogni dove e in ogni circostanza, oggi è in difficoltà non solo per via del pendente referendum, ma perché nel centrodestra, Fratelli d’Italia e Forza Italia non sono affatto allineati sull’autonomia così come declinata dalla Lega.
E poi sulle Province grava il macigno delle risorse finanziarie.
Si era parlato di almeno un miliardo di euro per ripristinarle secondo le passate modalità, cifra che, con i chiari di luna che ci sono, nessuno sa come e dove reperire.
Allo stato dell’arte le Province sembrano dunque inesorabilmente destinate al limbo nel quale navigano a vista da ormai un paio di lustri.
Per Robaldo resta la consolazione che nei primi mesi dell’anno verrà designato presidente delle Province piemontesi, una carica che agli effetti pratici conta poco ma significativa sotto il profilo politico.