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Attualità | 10 gennaio 2025, 14:37

Vetrine sfitte, il declino dei centri storici della Granda, Confcommercio: "Affitti troppo alti, non si può reggere"

E' una delle ragioni, secondo il presidente Danilo Rinaudo, della crisi del commercio nelle città. Servono strategie condivise per salvare le nostre città, sempre più vuote e desolate

Vetrine sfitte, il declino dei centri storici della Granda, Confcommercio: "Affitti troppo alti, non si può reggere"

Negli ultimi anni, i centri storici delle città italiane, un tempo cuore pulsante della vita sociale e commerciale, stanno affrontando un fenomeno sempre più preoccupante: la progressiva chiusura dei negozi di vicinato. Questo problema, visibile anche nelle piccole città di provincia come quelle del Cuneese, riflette un cambiamento profondo nelle abitudini di consumo e nelle dinamiche economiche locali. Nessuna delle Sette sorelle si salva: le vetrine vuote aumentano di anno in anno e buona parte rimane tale a lungo. Anche se si trovano, magari, in una posizione buona e di passaggio. Perché manca il ricambio generazionale.

Cedesi attività campeggia sulle vetrine di molte attività ancora aperte. 

Il mondo del commercio è cambiato, evidenzia il presidente di Confcommercio Danilo Rinaudo. "Paradossalmente, tengono meglio i negozi dei paesi medio piccoli rispetto a quelli dei centri più grandi" - evidenzia. I distretti del commercio sono stati una buona idea ma nel concreto non sono riusciti ad invertire la tendenza, anche perché spesso raggruppano comuni e territori con esigenze disomogenee. E' in atto un ragionamento sul mettere assieme i Distretti del commercio con quelli del Cibo. Stiamo coinvolgendo l'assessore Paolo Boongioanni, che ha le deleghe all'Agricoltura e al Turismo e che, pertanto, ha una visione completa", spiega ancora.  

Le cause del declino

Tra i fattori principali che contribuiscono allo svuotamento dei centri storici spicca la crescita dei centri commerciali, posizionati nelle aree periferiche. Queste strutture offrono ai consumatori la comodità di un’ampia scelta di negozi, servizi integrati e parcheggi gratuiti. Ma "sono in grande sofferenza anche queste attività", sottolinea Rinaudo

Non meno rilevante è l’impatto del commercio online. L’e-commerce ha rivoluzionato il modo di fare acquisti, permettendo ai consumatori di accedere a una vasta gamma di prodotti con pochi clic e a prezzi spesso più competitivi. Questo cambiamento ha inevitabilmente penalizzato le piccole attività locali, che non possono competere né in termini di costi né di logistica. "Non possiamo arrestare o demonizzare questo fenomeno - commenta ancora Rinaudo. Molti dei nostri associati hanno i negozi fisici ma vendono anche online. Tra l'altro, dopo il boom del Covid, il commercio online è in flessione o, comunque, si è assestato. E' il mondo del commercio ad essere in crisi, mentre continua a crescere e reggere quello della ristorazione. Certo, anche qui c'è stato un adattamento: non si apre più sette giorni su sette, a pranzo e cena. Magari si apre solo la sera, dal giovedì alla domenica. Si ottimizza al massimo, per contenere i costi, soprattutto". 

Costi, tasto dolente per chi ha un negozio. Affitti onerosi, spese per l’adeguamento dei locali e una pressione fiscale significativa rendono difficile la sopravvivenza di molte attività. A ciò si aggiunge il problema della scarsa accessibilità ai centri storici, spesso penalizzati da politiche di mobilità che scoraggiano l’afflusso di clienti, come le zone a traffico limitato o la carenza di parcheggi. Senza contare che si vende solo in regime di promozioni: dai saldi in qualunque stagione al black friday alle promozioni per lavori all'interno dei locali, è tutto un cercare di far fuori la merce per svuotare i magazzini. Il meteo non aiuta, con le stagioni ormai imprevedibili. Ma è sul caro affitti che Rinaudo insiste: "Ci sono vetrine sfitte da anni. Penso a Saluzzo, dove vivo, ma non solo. E' un problema generale. Gli affitti sono troppo alti, ma piuttosto che abbassarli, i proprietari dei muri preferiscono tenerli vuoti. E questo comporta anche sporcizia e degrado".

I commercianti, infatti, garantiscono il presidio delle città e dei centri storici, pulendo l'area esterna di pertinenza, allestendo e illuminando le vetrine. Un valore e un ruolo importanti, che le città stanno perdendo. 

Il vuoto lasciato dalla chiusura dei negozi non è, infatti, solo economico, ma anche sociale e culturale. Le botteghe storiche nono sono solo punti di vendita, ma luoghi di incontro, di scambio e di identità collettiva. La loro scomparsa impoverisce il tessuto urbano e trasforma i centri storici in aree desolate, spesso popolate solo da turisti o da attività stagionali. Certo, non è il caso dei nostri centri cittadini, che non hanno l'appeal turistico di altre città italiane, ma anche da noi, seppur in misura ridotta, sta succedendo. 

Chiudono le attività commerciali locali, le botteghe storiche o di famiglia e resistono solo le grandi catene, quelle che si trovano in qualunque altra città, nell'omologazione più totale. Chi vuole cedere l'attività non trova nessuno disposto a rilevarla, perché i costi da sostenere non vengono compensati da una redditività che giustifichi l'impegno e l'investimento. 

Quali le possibili soluzioni? 

Affrontare questa crisi richiede interventi coordinati tra amministrazioni locali, associazioni di categoria e cittadini. Tra le possibili soluzioni vi sono gli incentivi fiscali e affitti calmierati per i negozianti che decidono di investire nei centri storici, la promozione di eventi e mercati tematici, per rendere le vie del centro più attrattive e vivaci o dei piani di mobilità che bilancino l’accessibilità dei centri storici con la tutela ambientale.

L'alternativa è veder morire, in una lenta agonia, i nostri centri storici, sempre più vuoti di attività e persone che li vivano e li rendano, pertanto, zone vivaci e sicure, la vera anima delle nostre città.

Barbara Simonelli

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