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Attualità | 31 gennaio 2025, 07:04

Il dottor Giovanni Olivieri: “Dopo 40 anni la veterinaria non è più la stessa, ma la passione sì”

Il 1° febbraio andrà in pensione il responsabile del Servizio Veterinario dell’ASL CN2, dopo una carriera tra allevamenti, emergenze sanitarie e trasformazioni del territorio

Giovanni Olivieri, veterinario dal 1983 e responsabile del Servizio Veterinario dell’ASL CN2 fino ad oggi

Giovanni Olivieri, veterinario dal 1983 e responsabile del Servizio Veterinario dell’ASL CN2 fino ad oggi

Quarant’anni di stivali sporchi di fango, di notti insonni per le emergenze sanitarie e di stalle che hanno via via lasciato il posto a cascine abbandonate. Una passione che è ancora adrenalinica, come il pescare tra i ricordi che sembrano tutti lì, in attesa, come le persone che negli ultimi anni ha dovuto coordinare. Giovanni Olivieri, responsabile del Servizio Veterinario dell’ASL CN2, da domani sarà in pensione. Laureatosi nel 1983 all’Università di Parma, ha iniziato la sua carriera da libero professionista per poi entrare, nel 1987, nell’allora ASL di Alba.  Con lui ripercorriamo un’epoca di cambiamenti radicali per la veterinaria e il territorio.

Fare il veterinario è una missione?
"Sa, fare il veterinario è un po' come fare il prete. Se lo si è stati per tutta la vita, lo si resta dentro, anche quando si va in pensione. La passione non va in pensione".

Come si è formato per questa professione?
"Ho fatto le superiori ad Asti, poi ho frequentato l’università a Parma. Dopo la laurea, ho prestato servizio militare nella scuola militare veterinaria di Pinerolo. Un’esperienza intensa, che mi ha dato un’impronta rigorosa nel lavoro".

Com'è cambiata la professione in questi oltre quarant'anni?
"Guardi, è cambiato il mondo. Io sono di Cortemilia, quando ho iniziato c'erano tantissime stalle con bovini piemontesi. Oggi quelle stalle non ci sono più. Parliamo di una riduzione drastica: da 600 a 60. Le persone che avevano quegli allevamenti sono invecchiate, i figli sono andati via, e la Langa si è spopolata. Dove una volta c'erano decine di allevamenti, oggi ce ne sono quattro o cinque. Al loro posto, arrivano stranieri, svizzeri, tedeschi, inglesi, che comprano casali isolati, ma non per fare zootecnia. Tengono qualche animale d'affezione, ma l'allevamento come lo conoscevamo è scomparso".

Dove si è spostato il suo lavoro in seguito a questo cambiamento?
"All'inizio facevo libera professione e lavoravo per l'ASL occupandomi di ovini. Dopo l'alluvione del '94 ho lasciato la libera professione e ho continuato con l'ASL. La mia area di competenza si è allargata man mano che diminuivano gli allevamenti. Dopo il 2000 mi sono specializzato nel settore avicolo, seguendo i primi piani di controllo della salmonella. Poi sono diventato referente del settore e, in seguito, responsabile del Servizio Veterinario. Ho smesso di occuparmi direttamente degli allevamenti e ho iniziato a gestire l'organizzazione del servizio".

Com'è stato il passaggio dal lavoro sul campo a quello gestionale?
"All'inizio è stato un cambiamento impegnativo, ma stimolante. Mi sono occupato di riorganizzare il servizio, ho seguito le assunzioni di nuovi veterinari e la ristrutturazione degli uffici ad Alba e Bra. Abbiamo fatto gli uffici nuovi ad Alba e stiamo terminando quelli a Bra, dove ci sposteremo nel vecchio poliambulatorio di via Goito. Intanto, abbiamo ancora gli uffici al vecchio macello, che il Comune ci ha già chiesto di liberare. Insomma, la veterinaria non è solo animali e allevamenti, ma anche tanta logistica e burocrazia".

Ci sono state emergenze particolari durante la sua carriera?
"Ne abbiamo viste di tutti i colori: afta epizootica, brucellosi, tubercolosi bovina, salmonellosi, influenza aviaria. Alcune malattie infettive storiche le abbiamo debellate: oggi la tubercolosi negli allevamenti è praticamente scomparsa, la brucellosi anche, e l'afta non se ne sentiva parlare dal 1990. Ma nuove minacce continuano a emergere. Un mese fa l'afta è ricomparsa in Germania, e siamo in allerta. Il virus della peste suina africana è un problema serio, molto resistente nell'ambiente. Facciamo controlli rigorosi su ogni cinghiale trovato morto, ma ci vorrà ancora tempo per contenerlo definitivamente".

Ora che va in pensione, cosa ha in programma?
"Se qualcuno avrà bisogno di un consiglio, sarò sempre disponibile. Ma voglio dedicarmi alla mia vigna a Gorzegno, dove produco un Merlot in purezza. Poi mi comprerò una bici elettrica e mi godrò un po' di libertà. Ho passato una vita chiuso negli uffici tra carte e scartoffie, ora voglio stare all'aria aperta. Il mio prossimo impegno sarà educare Thor, cucciolo di rottweiler".

Daniele Vaira

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