Roberta Ceretto è la voce moderna di una tradizione secolare. Presidente dell’Azienda Vitivinicola Ceretto e cofondatrice del ristorante Piazza Duomo ad Alba, insignito di tre stelle Michelin: intreccia arte, enogastronomia e innovazione, mantenendo vivo il legame con le Langhe. Per lei, il vino non è solo un prodotto, ma un racconto di terra, socialità e identità.
Negli ultimi tempi si parla molto di vini dealcolati. Lei, da produttrice, come vede questa innovazione?
"La parola 'vino dealcolato' mi dà i brividi. Il vino, storicamente, è prodotto con l'alcol, anche se è molto di più: è cultura, tradizione e socialità. Cambiarne la natura significa tradirne l’essenza. È un tema delicato, perché si tocca qualcosa di profondamente radicato nella nostra cultura. Il vino rappresenta il territorio: senza il vino, le Langhe non sarebbero ciò che sono oggi. Se qualcuno cerca alternative senza alcol, esistono già altre bevande, io nella mia esperienza ho bevuto dalle kombucha ai brodi, ma non chiamiamoli vino".
Alcuni sostengono che i vini dealcolati possano risolvere il problema delle cantine piene. È d’accordo?
"Non penso sia una soluzione praticabile. Trasformare l’invenduto in vino dealcolato richiede investimenti significativi: così come investiamo in attrezzature per produrre vino di qualità, servono apparecchiature specifiche per togliere l’alcol. Non è qualcosa che si può fare dall’oggi al domani. Il problema vero è a monte: si è prodotto più di quanto si poteva vendere. Prima di riempire troppo le cantine, avremmo dovuto fare scelte più ponderate. Non credo che una scorciatoia come questa possa risolvere questioni strutturali legate alla sovrapproduzione. Inoltre, va detto che l’aumento delle zone di produzione ha contribuito a un’offerta complessivamente maggiore. È un fenomeno complesso, che va affrontato con un ragionamento imprenditoriale a lungo termine".
Le nuove normative sulla guida in stato di ebbrezza stanno creando dibattito. Come affrontare questa sfida?
"È vero, le nuove regole sono severe, ma dobbiamo imparare a gestirle. Quando so che sto per superare il limite, mi fermo. Organizziamoci: usiamo gli etilometri, condividiamo taxi o alterniamoci alla guida tra amici. Ricordo quando fu introdotto l’obbligo di indossare le cinture di sicurezza: sembrava impossibile, ma oggi è una norma che salva vite. Lo stesso vale per il bere consapevole. È una questione di adattamento, educazione e responsabilità".
Il turismo nelle Langhe continua a crescere, ma con questa crescita aumenta anche l’offerta. Come si preserva l’autenticità del territorio?
"Dobbiamo puntare sulla qualità, non sulla quantità. Le Langhe hanno un patrimonio unico che va tutelato, e questo significa proporre esperienze autentiche, che lascino qualcosa di significativo a chi le vive. Il vino è il cuore di tutto questo: ogni bottiglia racconta una storia, un’identità, un legame con la terra. Preservare l’autenticità significa rispettare questo racconto e proteggere ciò che rende il territorio speciale".
Che ruolo gioca il vino nel promuovere il territorio?
"Il vino è un ambasciatore potentissimo. Porta con sé i valori delle Langhe e li racconta al mondo. Ma perché funzioni, deve rimanere autentico. Non è solo un prodotto da vendere, ma un’eredità culturale che parla di tradizione, socialità e bellezza. Ogni calice dovrebbe essere un’esperienza che connette chi lo beve con la terra da cui proviene".