“Buongiorno avvocato,
sono separato da alcuni anni e ho una figlia adolescente in affidamento congiunto con la mia ex-moglie.
Come genitori non sempre ci troviamo d’accordo sulle scelte da prendere sull’educazione di nostra figlia; di recente ho notato che su alcuni moduli scolastici era apposta quella che, a prima vista, sembrava essere la mia firma.
Ho così scoperto che la mia ex-moglie sta quindi falsificando la mia firma: mi può fornire alcune indicazioni sulle conseguenze legali di questa condotta che penso proprio sia illegittima.
Gentile lettore,
la falsificazione della firma è, come anche da lei già intuito, senza dubbio un comportamento illegittimo, specie se si tratta di atti pubblici.
È necessario, dunque, inquadrare la condotta riconducendola a un reato previsto dal codice penale. L’articolo che si riferisce alla sua situazione è il 482. Tale disposizione è rubricata come: “Falsità materiale commessa dal privato”.
Questa fattispecie punisce i privati, nel suo caso la sua ex-moglie, che si rendono autori di una o più condotte descritte dagli articoli 476, 477 e 478 del medesimo codice. Tra queste si annoverano la formazione di un atto pubblico falso o la sua alterazione oppure la contraffazione di certificati o autorizzazioni amministrative o ancora la simulazione di un atto pubblico o privato.
Per comprendere meglio quanto esplicitato dalle predette disposizioni, è necessario fornire una definizione di atto pubblico, la quale viene indicata dall’articolo 2699 del codice civile: un atto pubblico, quindi, è: “Il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da un altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato”.
La condotta prevista dall’articolo 482 prevede delle sanzioni rilevanti, seppur ridotte rispetto a quelle comminate ai pubblici ufficiali rei della medesima condotta, in quanto è una fattispecie punita dal codice con la reclusione.
È importante e appropriato, in relazione al suo caso, citare una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 3880 del 30 gennaio scorso, in cui vengono argomentate le ragioni per cui ritenere inammissibili alcune difese che la sua ex-moglie potrebbe additare come giustificazioni alla sua condotta.
Innanzitutto, la Suprema Corte esclude la rilevanza della natura dell’atto pubblico sul quale viene apposta la firma apocrifa; nella sentenza si afferma infatti che la condotta dell’articolo 482 si ravvisa anche in caso di atto endoprocedimentale. Questa espressione viene utilizzata per identificare tutti gli atti “interni”, ovverosia gli atti: “destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, nonché quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale ponendosi quale necessario presupposto di momenti procedurali successivi”.
Viene poi anche dichiarata l’irrilevanza dell’articolo 51 del codice penale. Questa disposizione si riferisce all’”Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere”. Se la sua ex-moglie, quindi, falsificasse la sua firma, per esempio, su un atto pubblico finalizzato all’iscrizione di sua figlia a una specifica scuola, a nulla varrebbe la giustificazione che tale sottoscrizione fosse stata posta perché si potesse adempiere al diritto all’istruzione.
La Corte, infatti, afferma che tale scriminante non può essere utilizzata in quanto quella condotta non costituisce la via unica e obbligata per l’esercizio di quel diritto costituzionalmente garantito. La causa di giustificazione dell’articolo 51 cp può essere dunque invocata solo in caso di condotta vincolata.
Concludendo, si può affermare che presumibilmente la condotta della sua ex-moglie non è legittima ed è pertanto punibile secondo le disposizioni illustrate in questo articolo.