Un gigante dormiente, simbolo di progresso e di un futuro che oggi appare lontano e mitico. Questo è la Ferrania, la fabbrica nata nel cuore della Val Bormida, che ha dato lavoro a migliaia di persone, dal 1920 in poi, producendo supporti e pellicole per la registrazione di immagine fotografiche e film.
La storia dello stabilimento di Cairo Montenotte, oggi dismesso, è rimasto un ricordo vivido e sempre acceso nella memoria del paese che torna protagonista grazie al documentario di Alberto Bellavia, compositore, insegnante di pianoforte all'istituto comprensivo Mondovì 1, che ha deciso di immortalare le storie di alcune delle persone che hanno fatto la storia della Ferrania con il docufilm "L'ombra del Gigante".
"Parlare della storia di questo stabilimento - spiega il regista, che abbiamo contattato telefonicamente - significa quindi toccare un argomento molto ampio, che attraversa epoche diverse e incrocia cambiamenti dati dall’evoluzione della storia, della tecnologia e della società, testimonianza di un’eccellenza italiana diventata marchio di qualità per lungo tempo".
Perché proprio un documentario sulla Ferrania?
"Mio suocero, Achille Schinca, che ha 89 anni, ha lavorato tutta la vita lì e ancora oggi ne parla con emozione e gli occhi lucidi. Sentire quei racconti mi ha spinto a voler raccontare in qualche modo non solo la grande storia, ma anche quella di chi, con le azioni di ogni giorno, ha contribuito alla crescita della fabbrica: i dipendenti. All'epoca la Ferrania era sinonimo di futuro, progresso, ora è leggenda".
Se la guardiamo oggi è come una città fantasma: una distesa di capannoni enormi, dove lavoravano oltre 4000 dipendenti, un gigante, appunto, come spiega il titolo del documentario, Ferrania era una creatura viva, che vegliava sui suoi dipendenti e che è rimasta sospesa nel tempo.
Fino alla fine dell'Ottocento in questo sito si trovava la SIPE, ditta che ha prodotto esplodenti fino al termine della Prima Guerra Mondiale. Con la fine del conflitto la produzione venne riconvertita, in maniera geniale, dando vita a pellicole per film, rullini per macchine fotografiche, lastre per radiografie, supporti flessibili e fotosensibili di registrazione delle immagini.
Un'azienda di nicchia, conosciuta però in tutto il mondo e in concorrenza con pochissime altre aziende, colossi dai nomi altisonanti come Kodak, Agfa, Gevaert, Ilford e Fuji. La Ferrania però fu anche un'eccellenza sociale con ricadute benefiche sul territorio e per i dipendenti. Sarebbe facile, automatico, il paragone con la Olivetti al tempo di Adriano, il welfare aziendale, i villaggi operai, i servizi alla persona e al tempo libero ma durata molto di più, sino alle soglie del terzo millennio quando l'avvento del digitale ha cambiato tutto".
E proprio da Ferrania, frazione del Comune di Cairo Montenotte, le provenivano pellicole usate per film come “La Ciociara” di Vittorio De Sica, ma a sceglierla furono anche Pasolini, Rossellini e molti altri.
"Ferrania era un sinonimo di qualità - spiega Bellavia -, ma per gli ex dipendenti e le loro famiglie era più di una fabbrica. Al fondo del viale, ancora oggi, si può vedere l'edificio che ospitava il teatro. All'epoca l'azienda proponeva molte attività per il 'dopo lavoro', qua le famiglia organizzavano feste, giocavano a bocce, a carte, un qualcosa che oggi ci sembra impossibile".
Una storia complessa, come l'ha raccontata?
"Dal punto di vista dei dipendenti che hanno lavorato per una vita e hanno vissuto l’epopea di un’industria italiana che è entrata nella storia per l’eccellenza dei suoi prodotti. Nel film si alternano immagini di repertorio, video dell’epoca di reparti operativi, interviste a persone che hanno lavorato per oltre trent’anni in Ferrania e che raccontano la loro storia con le emozioni e i ricordi di uno dei periodi più intensi e straordinari della loro vita".
La narrazione è affidata a una voce guida che, in prima persona, racconta la storia di Achille Schinca, mallarese, che ha lavorato per oltre 35 anni in Ferrania. Ad interpretarlo è il nipote, Edoardo Minetti.
"Le scene sono state girate all’interno di alcuni reparti dello stabilimento ormai in stato di abbandono. Qui un giovane Achille racconta di sé, le sue emozioni e vicende in Ferrania, un tuffo nel passato dove verranno messi in luce tutti gli straordinari punti di forza di questa Industria, sospesa tra passato e presente".
Un lavoro complesso...
"Sì, per me è stato fondamentale il coinvolgimento e il supporto del Ferrania Film Museum e di Alessandro Becchis che ha messo a disposizione materiale cinematografico, fotografico e documenti originali di alcuni dipendenti e l'appoggio del sindaco di Cairo Montenotte, Paolo Lambertini, anche lui figlio di un dipendente della Ferrania. Ringrazio poi il direttore della fotografia Marco Rimondi, Michele Pella voce narrante e tutti coloro che, a vario titolo, hanno collaborato alla realizzazione di questo lavoro".
Lei è alla sua prima esperienza come regista, ma ha grande esperienza come compositore, che ruolo ha la musica nel film?
"È stato molto difficile comporla, perché è un elemento predominante e, in quanto tale, doveva amalgamarsi alla perfezione con le emozioni dei personaggi e coinvolgere lo spettatore. Un lavoro particolare che è stato possibile grazie ai musicisti Roberto Rebufello, Marco Canavese, Edoardo Bellotti, Alberto Ghigliotto, Simone Monnanni, Armando De Angelis. Il film si chiude poi con un brano inedito di Emanuele Dabbono e Marco Francia “L’inverno nelle scarpe”, profondo e coinvolgente.
È una storia gloriosa, ma estremamente fragile quella della Ferrania: un gigante che non muore, ma si addormenta".
Il film, che è già stato presentato in Val Bormida, sarà proiettato mercoledì 19 marzo alle 21 al cinema Bertola di Mondovì.