Attualità - 14 marzo 2025, 07:08

Andrea Icardi, regista di 'Onde di Terra': "Il motivo del successo? L'ansia e l'aver cambiato tutto in corsa"

Il film indipendente che racconta le Langhe degli anni ‘70 ha conquistato il pubblico e le sale cinematografiche. Una produzione partita con pochi mezzi ma cresciuta grazie al passaparola e all’affetto del pubblico, fino alla candidatura ai David di Donatello

Il regista Andrea Icardi

Doveva essere un piccolo film indipendente, destinato a una ristretta nicchia di spettatori. Invece, 'Onde di Terra' ha ribaltato ogni previsione, riempiendo le sale del Piemonte e conquistando una candidatura ai David di Donatello. Un successo che nasce da una storia radicata nelle Langhe degli anni ‘70, tra matrimoni combinati e spopolamento rurale, e che si nutre di una narrazione autentica, capace di toccare corde profonde nel cuore degli spettatori. A raccontarcelo è il regista Andrea Icardi, santostefanese di nascita, che ha trasformato la memoria del territorio in un’opera capace di parlare a tutti.

Sale piene, ampliamento delle proiezioni e candidatura ai David di Donatello. Che effetto le fa tutto questo?

"È un’emozione enorme. Quando abbiamo iniziato questo progetto, lo vedevamo come un piccolo film artigianale, senza grandi ambizioni di mercato. Pensavamo che lo avremmo proiettato per qualche settimana, magari davanti a un pubblico di appassionati e nostalgici della storia rurale delle Langhe. Invece, ci siamo trovati di fronte a una reazione che ci ha spiazzati: le sale sono sempre piene, le proiezioni si moltiplicano e il passaparola continua a crescere. Mercoledì pomeriggio al Cinema Massimo a Torino, in una fascia oraria in cui non ti aspetti grandi numeri, la sala era gremita. Vedere il pubblico abbracciare questo film con tanto calore è motivo di grande soddisfazione. Ma la cosa più incredibile è vedere i contadini, quelli veri, quelli che magari al cinema non ci andavano da anni, scendere dalle colline per venire a vedere un film che parla di loro".

Il film arriva a tutti. Come se lo spiega?

"Credo che Onde di Terra abbia intercettato qualcosa che va oltre la nostalgia o la semplice ambientazione storica. Tocca temi universali: il senso di appartenenza, il sacrificio, il desiderio di riscatto. È una storia che racconta la dura realtà dei matrimoni combinati nelle Langhe degli anni ‘70, ma è anche una storia d’amore, di identità, di resistenza. Forse il pubblico si riconosce in questo viaggio emotivo, nelle difficoltà dei personaggi, nei loro sogni e nelle loro delusioni. In fondo, è un film che parla della nostra storia, quella delle nostre famiglie. E questo lo rende vicino a tutti".

Come è nata l’idea di raccontare questa storia?

"Il progetto iniziale era molto diverso. Il produttore voleva realizzare un film sulla pallapugno, di cui era un grande appassionato. Abbiamo iniziato a scrivere una sceneggiatura ambientata nel mondo delle sferisteri degli anni ‘60 e ‘70, ma ci siamo scontrati con una realtà: sarebbe stato un film costosissimo da realizzare. A quel punto, abbiamo cambiato direzione, mantenendo però il cuore della nostra idea, che era raccontare il territorio. Guardando alcuni documentari d’epoca, mi sono imbattuto nei ‘bacialé’, i mediatori matrimoniali piemontesi, e ho pensato che fosse una storia ancora poco raccontata, ma piena di potenzialità. E poi il legame con Pavese è arrivato quasi da sé: ho immaginato una giovane donna del Sud, cresciuta nei racconti di un Pavese confinato a Brancaleone, che arriva nelle Langhe con un sogno e si trova di fronte a una realtà ben diversa. Da lì è nato tutto".

Il film ha avuto un percorso particolare di produzione. Ci racconta qualche retroscena?

"Doveva essere girato in due mesi, tra luglio e agosto, invece le riprese si sono protratte fino a gennaio. Abbiamo vissuto momenti di ansia pura, temendo di non riuscire a finirlo. Ci sono stati momenti di difficoltà, ritardi, problemi logistici che ci hanno costretto a rivedere la sceneggiatura. Alcune scene che avremmo voluto girare in estate le abbiamo dovute ambientare in inverno, e questo ha cambiato l’atmosfera del film, dandogli sfumature inaspettate. Alla fine, credo che questi ostacoli abbiano contribuito a creare qualcosa di ancora più autentico. Inoltre, è un film completamente indipendente, senza finanziamenti pubblici. È stato prodotto con un budget molto ridotto, grazie all’investimento di un imprenditore privato che ha creduto nel progetto. Eppure, il film si è quasi completamente ripagato solo con gli incassi delle sale. Questo dimostra che si può fare cinema di qualità anche senza grandi mezzi, se si ha una storia forte da raccontare".

Sono previste nuove date?

"Sì, il film continua a crescere. Dopo Torino, sarà proiettato al Teatro Ariston di Sanremo, a Villar Perosa e in altre 40 sale piemontesi grazie alla rassegna Piemonte Movie. È incredibile pensare che un film che all’inizio sembrava destinato a un piccolo circuito di appassionati stia trovando così tanto spazio. Credo che il pubblico abbia voglia di storie radicate, di cinema che racconta il nostro passato senza retorica, ma con autenticità".

Cosa significa per lei la candidatura ai David di Donatello?

"Quando un film rimane in sala per più di due settimane, ha il diritto di candidarsi ai David, e noi lo abbiamo fatto senza troppe aspettative. Poi, quando abbiamo scoperto di essere tra le 47 opere prime selezionate su 154 film in concorso, è stata una sorpresa incredibile. Ovviamente, la concorrenza è durissima, ci sono produzioni ben più strutturate della nostra, ma già essere in questa lista è un segnale importante. Significa che anche il cinema indipendente può trovare spazio, può avere voce".

Il film è un omaggio a Cesare Pavese e Beppe Fenoglio. Qual è il messaggio che vuole lasciare?

"Che senza la gente comune, senza i contadini, senza chi ha vissuto davvero quella terra, Pavese e Fenoglio non avrebbero avuto nulla da raccontare. Spesso idealizziamo la letteratura senza renderci conto che è il riflesso di un mondo concreto, fatto di volti, di sacrifici, di fatiche. Il mio film vuole essere anche un tributo a queste persone, a chi non è mai finito nei libri di storia ma ha reso possibile la storia. E spero che ‘Onde di Terra’ possa contribuire a mantenere viva questa memoria".

Daniele Vaira