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Copertina | 06 aprile 2025, 00:00

Romoli Venturi, dopo 17 anni in Ferrero sarà consigliere di Giuli per le politiche culturali rivolte agli italiani nel mondo

Prestigioso incarico di "volontariato nazionale" per il manager, fino all’agosto scorso responsabile della comunicazione della multinazionale dolciaria albese

Romoli Venturi, dopo 17 anni in Ferrero sarà consigliere di Giuli per le politiche culturali rivolte agli italiani nel mondo

Porta il timbro del Ministero della Cultura e la firma del suo nuovo titolare Alessandro Giuli il decreto che sancisce il prestigioso incarico giunto ad arricchire il già significativo percorso professionale di Raoul Romoli Venturi. Un manager noto per avere ricoperto sino all’agosto scorso l’incarico di direttore della comunicazione corporate di Ferrero Italia, ruolo che ne ha fatto un ambasciatore dell’albesità in Italia e nel mondo per 17 anni, tanto è durata la sua collaborazione al fianco della famiglia industriale con radici ai piedi delle Langhe. 

 

Romoli Venturi, si occuperà delle politiche culturali per gli italiani nel mondo. 

"Sì, è così. Premetto subito che si tratta di un incarico 'pro bono', per cui non percepirò compensi (ride, ndr). Continuerò a fare il mio lavoro e a occuparmi della società di consulenza fondata insieme a mia moglie. Nel frattempo però spero di poter dare un utile contributo alla causa degli italiani del mondo". 

 

Da dove nasce questo sodalizio? 

"Col ministro Giuli ci conosciamo da molti anni, da quando era vicedirettore a "Il Foglio". Ci siamo poi ritrovati al MAXXI di Roma, il museo delle arti del XXI secolo, di cui era Presidente e dove con Ferrero abbiamo organizzato la mostra per i sessant’anni di Nutella. Nei mesi scorsi mi ha chiesto se non avessi voluto dare una mano nelle politiche culturali rivolte agli italiani nel mondo. Con la mia storia personale ho ritenuto che fosse un impegno che avrei potuto prendere". 

 

Vuole raccontarcela , la sua storia. 

"Ecco, finita la mia esperienza in Ferrero sono tornato a Roma, città di cui sono originario e dove ho studiato laureandomi alla Luiss. Ma in realtà io sono nato a Uccle, in Belgio. Era il 1960 e mio padre era tra i funzionari italiani che hanno lavorato a gettare le fondamenta della Comunità Economica Europea. Ho fatto le scuole in Belgio dall’asilo alla maturità. L’Europa è nel mio Dna, ecco". 

 

Di mezzo c’è però anche un libro. 

Sì. Nell’ormai lontano 2003 la mia esperienza di italiano nato e poi vissuto all’estero, in Belgio ma anche aldilà dell'Atlantico, mi portò a pubblicare "Italia Nazione Globale, riflessione su essere italiani nel XXI Secolo", pubblicato con Adnkronos Libri. Vi scrivevo della possibilità di 'costruire l’idea di un popolo italiano 'globale', legato idealmente a un territorio fisico, ma che esprima spiritualmente un’italianità diffusa come accesso a una dimensione nazionale virtuale". 

 

In altri termini

"Chi come il sottoscritto è stato a lungo all’estero nutre un forte sentimento nazionale. Essere italiano ora è stato banalizzato e confuso con la residenza, mentre vuol dire essere spiritualmente e idealmente italiano. La mia idea di Italia come 'nazione globale' guarda agli strumenti culturali, in primis la lingua, utili a recuperare all’Italia tutti gli italici, tutti coloro che non sono semplicemente italiani all’estero. Parliamo di 'un’altra Italia' che vale altri 60 milioni di persone. Ecco, avere 120 milioni di ambasciatori di un’italianità che vada al di là del concetto di cittadinanza equivale per il nostro Paese a pensare di poter avere un 'soft power' molto forte. L’italianità è un ponte di pace, come lo è il nostro spirito del bello, il nostro essere portatori di uno stile di vita improntato alla bellezza. Il ministro ha questa idea di diplomazia culturale, nel suo piano d’azione. 

 

E sull’Europa unita?

"Diciamo che sono un euro-realista. Credo che ci si arriverà, ma anche che occorrerà farlo per gradi, e che serviranno magari duecento o trecento anni. Ora siamo allo stadio intergovernativo, dobbiamo passare a quello di confederazione, per poi arrivare ad una Europa federale. E una delle cose più importanti da mettere in comune è la difesa. Poi negli ultimi decenni ci siamo un po’ persi nella lunghezza della zucchina". 

 

Cosa può dirci di Ferrero e della famiglia Ferrero?

"Una grandissima azienda di una grandissima famiglia che ha una grandissima visione anche del modello di business, radicata in valori tradizionali ma che guarda al futuro. Detto anche con un altro cappello, confermo il motto "changing by preserving", cambiare preservando, l’innovazione continua su radici profonde e fondate. Se sono stato 17 anni in quella azienda è anche perché ho condiviso profondamente questo percorso". 

 

Ad Alba torna spesso?

"Assolutamente sì. Ho forti legami in Ferrero e ci torno sempre volentieri,  ho ottimi rapporti con Banca d’Alba e molti altre realtà del vostro territorio. Ora sono molto contento di fare questa opera di volontariato nazionale, ma nel frattempo non mancherò di tornare nella vostra città". 

Raoul Romoli Venturi in uno scatto di Silvia Muratore

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