Sono tutti testimoni de relati quelli che sono stati ascoltati in tribunale a Cuneo nel processo a carico di un uomo monregalese, accusato di stalking verso al sua ex fidanzata. Tutti, comprese la sorella e la madre di lei, sapevano dei litigi tra i due, ma di quel tentativo di buttarla già da un balcone o di quei freni tagliati all’auto nessuno ha visto nulla.
Tra le accuse anche quella di aver “restituito” i gatti di cui la ragazza si prendeva cura lanciandoglieli nell’abitacolo della macchina e, ancora, quando i due lasciarono la casa in cui avevano convissuto, lui avrebbe scritto alcuni pesanti insulti sulle pareti. “Ricordo il fatto, ma non che cosa ci fosse scritto”, ha riferito la donna che affittò loro l’appartamento.
L’unico che asserisce di aver assistito ad un litigio è un amico dell’imputato, il quale ha spiegato al giudice che, un pomeriggio, la giovane si sarebbe arrabbiata con il fidanzato, incolpandolo di averle rubato dei soldi: “Iniziò a picchiarlo, gli lanciava le cose addosso. Li ho divisi e lei se n’è andata”.
La giovane, come aveva raccontato in aula, era appena maggiorenne quando andò a vivere con lui: “Io lavoravo e lui no- aveva detto-. Tutto lo stipendio lo mettevo in casa e lui prendeva quello che voleva. Ma era geloso del mio lavoro, mi toglieva le chiavi della macchina, minacciava me e le persone con cui lavoravo. Alla fine mi ha chiusa in casa, non potevo più andare a lavorare e mi sono licenziata”.
Anche sul nuovo posto di lavoro le cose non sarebbero però andate bene: “Lui si era presentato nella pizzeria a fare casino e a spaventare il mio datore di lavoro”. In un’altra occasione, poi, le avrebbe “ridato” anche i micini di cui la ragazza si prendeva cura. “Non mi aveva nemmeno lasciato prendere il cane - ha spiegato lei-. Sono poi andata a prenderlo con i Carabinieri, ma con i gatti non ci ero riuscita. Per darmi fastidio e farmi rimanere male, me li ha buttati in macchina e li ho trovati quando sono uscita dal lavoro. Sono partita con l'auto e mi sono accorta che non frenava più”.
L’episodio più inquietante, verosimilmente anche il più violento e consumatosi sotto gli occhi di alcuni testimoni (due amici della giovane e la madre dell’imputato), sarebbe accaduto quando lei, scappando da casa, si sarebbe rifugiata nell'abitazione di un’amica. Dopo averla presa a calci e pugni, l'uomo avrebbe tentato di buttarla dal balcone di un secondo piano.
La ragazza denunciò tutto. “Ha continuato a seguirmi, anche sui social - aveva detto -. Sapeva tutte le mie password e riusciva a entrare ovunque, insultandomi o scrivendo in chat su Facebook e Instagram, dove fingeva di essere me”. Solo cancellando tutti i profili, ha detto, riuscì a ritrovare un po’ di pace.