«Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà» (Mt 20, 18-19).
Il Venerdì Santo è il giorno della Croce, follia per i pagani e scandalo per i giudei, come diceva san Paolo, un simbolo di morte che Gesù ha reso strumento di salvezza e sorgente inesauribile di grazia.
Cristo crocifisso è il punto di riferimento di ogni sguardo dei credenti. Il Calvario è il luogo della rivelazione massima di Dio. È lì che l’Altissimo ha mostrato la sua identità. Egli non pretende, offre, dona tutto se stesso.
Innumerevoli sono stati finora i pittori che hanno rappresentato, ognuno a modo proprio, il tema della Crocifissione, trasformando il grande mistero della Passione di Gesù in opere d’arte immortali.
Senza andare troppo lontano, siamo rimasti a Bra con Franco Gotta, Pinuccia Sardo e Riccardo Testa e abbiamo riunito le loro opere artistiche che meglio esprimono questo sentimento, così belle e significative che attraggono a prima vista.
C’è un filo conduttore che lega le tre immagini. È un colore: il rosso, quello purpureo e profondo del sangue in cui Franco Gotta ha piantato il legno della croce. Si trova al centro di una scena quasi apocalittica in cui i personaggi guardano verso lo spettatore come in una processione di natura devozionale, preludio di un abbraccio universale e salvifico.
Nel disegno di Pinuccia Sardo entra con forza il sentimento umano, la sofferenza, il dolore e la natura terrena di Cristo, espressa in bianco e nero. Tra sottili lampi di luce, troviamo il Figlio dell’Uomo segnato dal rosso di una goccia di sangue, il volto trasmette un’umanità unica, carica di rassegnazione e allo stesso tempo di serenità.
La “Crocifissione di Gesù” di Riccardo Testa offre una visione profondamente intensa e drammatica che costringe chiunque la osservi a confrontarsi con il dolore di Cristo. Tutto è, ormai, compiuto: le braccia spalancate verso l’alto, inchiodate alla croce, lo confermano. Del rosso resta solo un accenno nei fulgori in lontananza. Una luce, però, investe il suo corpo, squarciando il buio della morte.
Il nostro viaggio si chiude così, con un indizio dell’imminente Resurrezione. Dimensione del passaggio alla vita eterna attraverso il sacrificio della Croce. Lo spiega bene un autore d’eccezione come Jorge Mario Bergoglio ne “La via di Gesù - Il Vangelo secondo Francesco”. Citando Luca con «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua», il Papa scrive che questa «Non è una croce ornamentale, ma è la croce della vita, del proprio dovere, del sacrificarsi per gli altri… a impegnarsi per la giustizia e per la pace. Nell’assumere questo atteggiamento, queste croci, sempre si perde qualcosa. Ma non dobbiamo dimenticare che chi perderà la vita (per Cristo), la salverà».