Tentata estorsione. E' questa l’accusa sostenuta dalla Procura di Cuneo contro David Sirca, l’uomo che tra il 2021 e il 2022 avrebbe minacciato di avvelenare i prodotti di quattro grandi aziende cuneesi nel settore beverage se queste non avessero sborsato migliaia di euro. Tentativi, però, non andati a buon fine perché nessuna delle aziende prese di mira si è mai piegata al ricatto.
Cinquantenne triestino e attualmente detenuto, contro di lui ha deciso di costituirsi parte civile Gualtiero Rivoira, il patron di Fonti Alta Valle Po (titolare del marchio Acqua Eva). Ad essere persone offese ma non costituitesi parte civile, anche la San Bernardo Spa di Garessio, la Sant’Anna di Vinadio e l’azienda vinicola Chiometti di Dogliani .
Sirca, esperto informatico, celandosi dietro falsi account avrebbe minacciato di avvelenare i prodotti di questi marchi, esposti sugli scaffali dei supermercati con iniezioni di cianuro e tallio. Tra le acque prese di mira, anche quelle destinate ai neonati. La prima azienda ad essere stata contatta con una e-mail fu quella di Gianluigi Del Forno, nel 2021 amministratore della San Bernardo. All’imprenditore garessino, Sirca avrebbe chiesto 50 mila.
Come ripercorso in aula, nel febbraio 2022 toccò a Gualtiero Rivoira. Il titolare di Acqua Eva ha spiegato ai giudici che in quell’anno erano iniziate ad arrivare delle email in azienda in cui il mittente, tale “Alessandro Brunelli” avrebbe richiesto 30mila euro.
Il modo in cui l’imputato avrebbe operato sarebbe stato il medesimo. “Scriveva di prendere contatti con lui altrimenti avrebbe inquinato l’acqua con qualche prodotto che, molto tossico, avrebbe fatto morire persone” ha spiegato Rivoira.
Nelle e-mail, poi, Sirca avrebbe allegato le immagini delle bottigliette dell’acqua, anche quelle della linea “baby”, con piccolo microfori in cui, con una siringa, iniettava il veleno.
“Ricordo che diceva che avrebbe preparato le bottiglie a casa - ha proseguito il patron di Acqua Eva - e poi che sarebbe andato al supermercato a sostituire le avvelenate con quelle nelle confezioni”. Un ricatto che, nel piano verosimilmente elaborato dall’imputato, avrebbe avuto come obiettivo anche quello di screditare l’azienda pubblicamente: “Diceva che avrebbe diffuso le immagini in rete e online e che le avrebbe indicizzate in modo che non fosse più possibile eliminarle dal web - ha proseguito Rivoira-. Sosteneva che una pubblicità negativa per la nostra azienda e il danno all’immagine sarebbero costati più di un accordo”.
Dello stesso ricatto, poi, sarebbe stato vittima anche Nicola Chiometti, all’epoca titolare di un’azienda vinicola di Dogliani: “Diceva di aver avvelenato alcune bottiglie di vino e che sarebbero state messo in commercio se non avessi corrisposto 15 mila euro” ha ricordato l’imprenditore.
Alla prossima udienza, fissata per il febbraio 2026, oltre alla testimonianza di Alberto Bertone, amministratore della Sant'Anna, David Sirca si sottoporrà all’esame dei giudici.