Comunità Europea o meglio CE. Due lettere che vengono apposte come sigillo di sicurezza da 30 anni all’interno dei paesi parte dell’Unione Europea.
Due lettere che sono diventate un segno di disperazione per Anna, una mamma di Mondovì, e per il suo bambino di due anni, affetto da una rara malattia.
All’età di 6 mesi, tramite una visita ortottica di controllo, a Leonardo viene diagnosticata la cataratta congenita monolaterale: si tratta di una patologia rara che colpisce il cristallino, rendendolo opaco e riducendo in parte o del tutto la visione.
A combattere con questa malattia sono circa 3 bambini ogni 10mila.
“La diagnosi è stata tardiva - spiega Anna - e fino a sei mesi il cervello di Leo si è abituato vedere con un occhio solo. Dopo la scoperta della malattia ci siamo recati a al Gaslini di Genova e Leonardo è stato sottoposto a un intervento per la rimozione del cristallino. Gli verrà reimpiantato quando sarà più grande. Nel frattempo dovrà portare una particolare lente che ci è stata prescritta, ma mai avrei immaginato che poterlo curare nel modo che merita fosse così complicato”.
La lente che viene consigliata, considerata la migliore a livello pediatrico in commercio, è la Silsoft, prodotta da una ditta americana, ma da quasi un anno il prodotto non viene più commercializzato nei Paesi dell'Unione Europea perché il packaging è cambiato e al momento non ha il marchio CE.
“Inizialmente erano in una confezione in vetro - dice Anna - ora sono in un blister, ma in Italia non si trovano più. Ho avuto fortuna per ora, trovando fondi di magazzino da un ottico di Bari e altre due le ho avute grazie a una mamma in Sardegna, che ne aveva due della gradazione che serve a Leonardo, ma poi come farò?”.
Nella situazione di Anna ci sono diverse famiglie il problema maggiore è che non esistono lenti equivalenti e identiche a quelle Silsoft: possono essere indossate anche di notte e hanno una durata fino a 3 mesi.
“Certi hanno rinunciato alle lenti e messo degli occhiali - aggiunge la mamma di Leonardo -, ma chi come mio figlio è monolaterale, non può nemmeno avere un occhiale perché ci sarebbe troppa differenza con l'occhio che vede”.
Dopo aver preso contatto con medici, Asl, aver scritto anche a un europarlamentare, Anna si è appellata alle redazioni dei giornali locali per far sì che almeno la sua storia e quella di altre famiglie come la sua possa essere raccontata, conosciuta e - si spera - letta dalle persone giuste, in modo che qualcosa possa cambiare.
Una storia amara, che si intreccia tra gli interessi delle case farmaceutiche, le regole dell’Unione Europea e la politica.
Il caso delle lenti Silsoft diventate introvabili va ben oltre i confini regionali. Per saperne di più abbiamo contattato quindi il dottor Paolo Nucci, professore Ordinario di Oftalmologia alla Facoltà di Medicina dell'Università di Milano, che in diverse occasione ha approfondito il tema.
“Stiamo assistendo alla condanna del futuro dei nostri figli - afferma il prof. Nucci -. Il caso delle lenti Silsoft della Bausch+Lomb è l’ennesima dimostrazione che c’è un disinteresse crescente verso il mondo pediatrico, da parte delle case farmaceutiche, dell’Europa e della politica. Investire su studi pediatrici è più oneroso che farlo sugli adulti e commercialmente non ha mercato per le ditte farmaceutiche. È una realtà orrenda quella cui stiamo condannando le future generazioni. Se una lente serve ‘solo’ a 300 bambini, viene ritenuta come un prodotto non ‘commercialmente valido'. Lo dimostra il fatto che la lente in questione non venga più venduta a causa di un cambio di packaging”.
Intanto Anna, che continua la sua battaglia quotidianamente, ha aperto un profilo Instagram, “Lavolpeeilleonebendato”, col quale racconta la storia del suo Leo, condividendo e aiutando altre persone che si trovano a vivere la loro stessa situazione.