Attualità - 02 maggio 2023, 07:11

L'ex questore di Cuneo chiamato a coordinare la gestione dei migranti a Lampedusa: "Fenomeno inarrestabile. Si può solo governare"

Emanuele Ricifari è ora questore di Agrigento. Racconta di ciò che accade, ogni giorno, in quel fazzoletto di terra. "Chi arriva è talmente abituato alla morte che si aspetta di essere preso a mitragliate, non soccorso"

Ricifari con la giovane ivoriana arrivata a Lampedusa cinque anni fa

Ricifari con la giovane ivoriana arrivata a Lampedusa cinque anni fa

Ieri, primo maggio, Festa dei lavoratori, le donne e gli uomini della Polizia di Stato erano al lavoro, come ogni giorno, 24 ore su 24, in quell'isola del Mediterraneo, Lampedusa, al largo della quale si consumano le tragedie umane del nostro tempo.

E' a loro, a chi c'è sempre, che il questore di Agrigento, Emanuele Ricifari, ha detto pubblicamente grazie.

"Non solo Poliziotti, ma anche Carabinieri, Finanzieri, mediatori, interpreti, volontari di turno, sanitari: oggi lavorano prestando soccorso, preidentificando, visitando, intervistando, accogliendo, ascoltando i migranti in arrivo.
Con noi e per noi lavorano anche altri, come i dipendenti e dirigenti della Prefettura che ad Agrigento, anche oggi, sono alla disperata ricerca di pullman o di mezzi per trasportare a terra e smistare le tante persone di tante diverse provenienze nei centri di accoglienza e nelle case di cura in tutta Italia".

Ricifari, questore a Cuneo fino all'ottobre 2020, dopo due anni e mezzo a Caltanissetta, è rimasto nella sua Sicilia, chiamato a guidare la Questura di Agrigento dal Capo della Polizia e direttore generale della Pubblica Sicurezza. E Agrigento comprende Lampedusa.

"E' una grande sfida", commenta al telefono.

In quel fazzoletto di terra circondato dal mare, la vita e la morte hanno un peso diverso che in qualunque altro posto. Lo sta imparando, ogni giorno.

Ricifari racconta di Ismaele, il piccolo di sei mesi rimasto senza la madre, morta in uno dei tanti naufragi che si consumano attorno alle coste di Lampedusa. Ne parlano da giorni tutti i giornali d'Italia. 

"Noi questurini, noi sbirri, noi che ci siamo sempre. Ismaele è stato e sarà un bene. Un volano potentissimo di bene. Ho visto uomini, poliziotti di 50 anni e più, che ne hanno viste di tutti i colori… con le lacrime per ciò che di importante abbiamo portato a casa: il futuro di Ismaele sarà diverso", scrive sul suo profilo Facebook.

L'ex questore della Granda sta affrontando una sfida lavorativa importante, ma non solo. C'è soprattutto un coinvolgimento umano. Non si può restare indifferenti di fronte alla disperazione vera, quella per cui morire in mare è l'ultimo dei problemi per chi fugge dalla violenza, dalla guerra. Si fugge a qualunque costo e su qualunque mezzo, anche su barconi fatti da quattro lamiere assemblate. Si paga, per quel viaggio, ciò che in quei Paesi si guadagna in un intero anno. Si fugge e si spera. 

Racconta di come viene gestita l'emergenza sull'isola. "Oggi - l'altro ieri, ndr - ne sono arrivati solo 80, perché il maltempo ha bloccato le partenze. Ma ne arrivano anche 1200, ogni giorno". 

Nell'hotpost di Lampedusa, nel centro dell'isola, a quattro chilometri dal paese, c'è posto per ospitare 400 persone. Si è arrivati ad accoglierne 3.500. Mentre gli parliamo ce ne sono circa 600, di cui molti pronti ad essere portati via da Lampedusa a bordo di una nave in arrivo.  

Ricifari spiega cosa succede, ogni giorno, sull'isola. "All'hotspot sono 25 gli agenti in servizio, tra operatori dell'immigrazione e della scientifica, a cui vanno aggiunti i reparti di rinforzo e i reparti mobili dalle altre province. Arrivano anche da Cuneo. In più ci sono carabinieri e finanzieri, sempre coordinati dalla Questura. I migranti stanno lì un giorno e poi vengono portati sul continente, con navi o aerei, e smistati in tutta Italia. E poi ci sono anche i miltari, che fanno vigilanza all'esterno. Qui c'è l'identificazione, e il fotosegnalamento". 

Un altro gruppo lavora al Molo Favarolo. "E' qui che vengono fatti attraccare i barconi; oppure attracca la Finanza o la Capitaneria di porto, con le persone soccorse in mare". 

Su questo molo vigilato h 24 si svolge la prima operazione di soccorso sanitario, medico e umanitario. Qui ci sono anche i mediatori culturali, che chiedono a chi arriva la provenienza, quanti giorni sono stati in mare... poi viene messo loro un braccialetto con nome e numero identificativo. Da qui il trasporto all'hotspot. E via di nuovo, con le operazioni di identificazione e la partenza verso i vari centri di accoglienza sparsi in tutta Italia. 

 

"E' un fenomeno inarrestabile, lo puoi governare, ma non arginare né arrestare". Poi lo sfogo umano: "Quando arrivano persone dal sub Sahara, dove ci sono persecuzioni, guerre tribali, dove vengono scuoiate le persone... quando la gente scappa da queste cose, se ne sbatte dei rischi che corre, è l'ultima delle sue preoccupazioni quello che può accadere in mare. Sono talmente abituate alla morte che, quando arrivano e vengono soccorse, si apettano di essere prese a mitragliate, non aiutate..."

Poi torna ad essere questore, evidenziando come ci sia anche chi arriva solo in cerca di fortuna; non va via da Paesi dove ci sono guerre o crisi umanitarie. "Molti sono dei banditi, c'è del buono, ma tra questi c'è anche del cattivo, non bisogna nasconderselo...". 

E' un questore diverso, un uomo diverso quello chiamato a gestire ciò che accade, da anni ormai, a Lampedusa. Ora tocca a lui occuparsi dell'ordine e della sicurezza, del coordinamento delle donne e degli uomini della Polizia, dell'Arma, della Finanza, i volontari, i sanitari. Una macchina gigantesca ma in fondo impotente di fronte alle tragedie quotidiane.

Il 12 aprile scorso, Ricifari ha festeggiato da questore i 171 anni della Polizia di Stato proprio ad Agrigento. In quell'occasione non ha potuto non abbracciare una ragazza ivoriana sbarcata a Lampedusa cinque anni fa, salvata proprio da un poliziotto. Questa giovanissima donna ora si sente italiana. Il barcone della speranza l'ha portata verso il futuro, fatto di progetti e di sogni. Studia, spera di poter diventare medico. Per aiutare gli altri, come è stata aiutata lei.

Sono queste persone, questi incontri, a dare senso a qualcosa che, ribadisce Ricifari, non si può fermare, solo governare.

Cita lo scritto di "un poliziotto sul molo". In quelle parole, c'è il senso di ciò che ogni giorno vive chi ha deciso di Esserci Sempre. Lì, a Lampedusa, il senso della missione diventa più alto...

“Non hai visto i morti portati dal mare.
Non hai visto gli occhi spersi dei vivi per caso
Non gli occhi spauriti,
Non gli occhi disperati.
Le braccia aperte hanno.
Le mani che tremano asciugando i vestiti zuppi.
Ci sono anche occhi vili,
Ci sono occhi furtivi e furbi,
Ci sono occhi cattivi,
Non c’è bene e non c’è male in se,
Il bene e il male lo fanno le intenzioni,
Quelle di chi parte, quelle di chi porta, quelle di chi accoglie Quelle di chi contrasta,
Persino quelle di chi salva.
Un teatro a cielo aperto …
Ognuno ha una parte in commedia.
Tranne loro, i morti, cui un ruolo, quello della mera e necessitata scenografia, lo diamo noi … li piangiamo all’arrivo e aspettiamo i prossimi.
Ormai il rito si è fatto fotografia.
Narrazione non realtà.
La verità è nel vuoto a perdere della cattiva coscienza di un mondo occupato a correre dietro al prossimo successo o dal prossimo dolore su cui costruire un successo.
Sono 30 anni che la domanda sembra essere “come posso far vedere che me ne occupo“ e non “cosa dobbiamo fare, come e con chi“.
Di nuovo l’eterno apparire.
E la chiamano “Emergenza” …

Barbara Simonelli

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