C'è una nota positiva in quanto emerso ieri in sede di conferenza italo-francese sul tunnel di Tenda.
E' stato presentato l'accordo sottoscritto da Anas ed Edilmaco con fine lavori al 30 giugno 2024. La data è stata finalmente cristallizzata. Resta, ovviamente, l'incognita meteo, perché la maggior parte dei lavori sarà fuori dalla galleria. E sono tantissimi. Per completarli, gli operai arriveranno ad essere, dai 140 attuali, circa 250.
Edilmaco realizzerà tutto: tunnel ed opere annesse, in particolare quelle che si sono rese necessarie dopo l'alluvione e che hanno creato ulteriori, enormi difficoltà ad un cantiere che ne ha viste di tutti i colori.
Ci sono da sistemare, soprattutto, i piazzali di ingresso e uscita dal tunnel, su lato francese, quello più compromesso a causa della frana che si è portata via anche i primi tornanti, ma anche su quello italiano, dove ancora mancherebbe il progetto.
Edilmaco si è impegnata a concludere ogni cosa per quella data. Il montaggio del ponte di 70 metri a campata unica inizierà dalla seconda metà di settembre. A fine anno dovrebbe essere ultimato. Per la transitabilità serviranno mesi di collaudi.
Non farà, in quanto ad oggi non c'è un accordo, i lavori di ampliamento tramite alesaggio della canna storica. I 255 milioni non sono sufficienti e la Francia non sarebbe disponibile a coprire la propria parte; avrebbe anche tardato il riscontro ad alcuni dettagli progettuali, con il conseguente slittamento di circa 10 mesi, da febbraio a dicembre 2022, della convocazione della CIG.
Dieci mesi persi, soldi non sufficienti.
Edilmaco finirà i lavori ma dovrà nuovamente sedersi al tavolo con Anas per discutere della vecchia canna, il cui termine era previsto per fine 2025. Al momento non è compresa nell'accordo, ma non è totalmente escluso che possa eseguire le opere. In caso contrario si dovrà rifare tutto da capo, come già emerso ieri. O decidere che fare.
L'apertura in modalità cantiere al seguito di una safety car, due ore al giorno a dicembre, con il conseguente blocco dei lavori in quel lasso di tempo, sembra perdere sempre più di senso, viste le difficoltà anche organizzative annesse. Ma sarà un tema sul quale sicuramente interverrà il territorio nella prossima CIG del 29 settembre, presso la sede del MIT a Roma.
Sulla vecchia canna resta ancora tutto da definire. Al momento è stata completamente svuotata degli impianti. Potrebbe rimanere a servizio del nuovo tunnel, come galleria di sicurezza, essendo i due trafori collegati da bypass pedonali e carrabili. E venire utilizzata da pedoni e ciclisti. Si tratta, del resto, di un capolavori di ingegneria civile dall'immenso valore storico. All'epoca della sua costruzione era il più lungo al mondo.
Un'ipotesi che piace anche al territorio. E che sarebbe perfetta se la nuova canna potesse essere utilizzata a doppio senso di marcia e non, come invece previsto dal progetto, monodirezionale.
“Lo chiederà il territorio in sede di CIG”, fa sapere la sindaca di Roccavione e presidente dell’Unione Montana Alpi Marittime, Germana Avena.
La canna in fase di ultimazione è larga 6,5 metri, con una corsia di marcia larga 3,50 metri, una corsia di emergenza di 2,70 e una banchina. Due vetture possono passare, così come due furgoncini, ma non i mezzi pesanti che non potrebbero comunque circolare in Valle Roja per un'ordinanza in vigore ormai da diversi anni. "Anche ai 30 all'ora, ma dobbiamo poter passare a doppio senso di marcia", insiste la Avena.
Pare però che la normativa non lo consenta. Si tratta del decreto legislativo del 5 ottobre 2016, n.264, in attuazione della direttiva 2004/54/CE in materia di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea, che si applica ai trafori di lunghezza superiore ai 500 metri. Il Tenda ne misura 3.182.
Nella piuttosto concreta ipotesi che si lasci stare la vecchia canna, la nuova non può quindi essere percorsa contemporaneamente nei due sensi di marcia, servono due canne monodirezionali. "Serve una deroga. Ma deve essere una decisione presa dalla politica e da Anas. Nessun altro può farlo", evidenziano ancora i rappresentanti del territorio.
In effetti, margini di deroga sembrerebbero esserci, sia per il volume di traffico sia per l'esclusione del passaggio ai mezzi pesanti. Questa unica nuova canna, con tutte le dovute precauzioni, avrebbe le dimensioni per essere a doppio senso per le auto. E immetterebbe, senza rischio di code o imbuti, sul ponte, che è sempre stato previsto a doppio senso di circolazione. La vecchia rimarrebbe come galleria di emergenza e, in generale, sarebbe ciclo-pedonale.
Ad aggiungere ulteriori elementi alla già intricata vicenda, è tornata prepotentemente alla ribalta l'ipotesi della galleria bassa, da Panice a Vievola, per molti la migliore soluzione possibile. Ma ormai è decisamente tardi. I costi per realizzare questo traforo di 7 km si aggirano sui 350/400 milioni, mentre a disposizione ce ne sarebbero 60, avanzati dai lavori al momento non previsti della vecchia canna. Ma gli altri 300 almeno? E i lavori già eseguiti?
C'è, come se non bastasse, un'altra questione sulla quale ci sono ancora molte incognite. Il paravalanghe sul lato francese. I geologi di entrambe le nazioni concordano sull'importante e concreto rischio che valanghe, anche di grande intensità, possano cadere sull'imbocco del tunnel e sul ponte a scavalco della frana.
Si era ipotizzato un sistema di filari di reti di protezione modulari della lunghezza totale di sette chilometri, da ubicare nelle zone di distacco, a 1800 metri di quota, per contenere il fenomeno sul nascere. Il costo è di circa 6 milioni di euro. Ma pare che la Francia non voglia realizzarlo, proponendo invece, in caso di nevicate, la chiusura del traforo e il disgaggio con l'esplosivo, esattamente come succede sul Maddalena.
Questo evidenzia anche una difformità di importanza delle due strade che portano al tunnel: da un lato una strada statale, la SS 20; dall'altro una strada dipartimentale (accostabile alle nostre provinciali), che non viene pulita in caso di nevicate.
Ma - e qui la domanda sorge davvero spontanea - si può realizzare una galleria da 200 milioni di euro e renderla non transitabile quando nevica per il pericolo valanghe?
La prossima CIG dovrà dare risposte a molti punti. E a fare le domande, questa volta, ci saranno i sindaci a rappresentare il territorio. Sono loro, in fondo, quelli a cui davvero interessa mettere la parola fine ad una vicenda ormai imbarazzante per tutti.