Difficile dire oggi se verrà un tempo per meglio accertare la presenza di precise responsabilità nella concatenazione di eventi che ha portato al dissesto del Gruppo Egea. Condizione che nell’audizione tenuta ieri in municipio ad Alba è stata certificata dagli stessi vertici di quella che sino a ieri era la seconda azienda della provincia per fatturato (1,472 miliardi quello del bilancio 2021, di cui 1,290 miliardi dalla vendita di energia) e che sempre ieri è stata invece definita dai suoi attuali vertici come una società "tecnicamente fallita". Un’azienda nella quale la consistenza dell’attivo (500 milioni l’ultima valutazione di Iren, contro i 550 di una prima stima e i 650 di quella che era stata fatta da A2A) risulta inferiore a debiti ora accertati in quasi 800 milioni.
Un buco enorme, quello a carico del gruppo fondato dalla famiglia Carini. Per passivi contratti verso l’erario (200 milioni, di cui l’azienda vorrebbe restituire il 30% in dieci anni), nei confronti di 32 banche (360, la metà dei quali garantiti), di 77 obbligazionisti (30 milioni, 10 dei quali garantiti da Sace: anche qui si proporrà uno stralcio al 30%) e infine di una platea di oltre 2mila creditori, rispetto alle richieste dei quali si intende proporre un saldo e stralcio al 25%, oltre al recupero dell’Iva sull’intero credito e al recupero fiscale dell’intera cifra (53% la misura totale di "recovery" ipotizzata).
Un passo nella direzione di una maggiore trasparenza in merito a cifre sinora tenute sotto la cappa di una riservatezza giustificata dalla presenza di una procedura come "la composizione negoziata della crisi più complessa oggi attiva in Italia" e della trattativa in corso con la stessa Iren, compiuto ieri grazie alla lunga relazione tenuta dal docente Bocconi ed ex presidente A2A Giovanni Valotti, consigliere di gestione di Egea dall’estate 2022, e dal consulente Massimo Feira.
"Questa era un’azienda-gioiellino del settore", ha spiegato ieri Valotti incalzato dal commissario Alberto Gatto, da poche settimane candidato a sindaco del centrosinistra cittadino, e dal collega di minoranza Fabio Tripaldi. "Guardando a quelli del bilancio 2021 – ha proseguito Valotti –, non erano tante le aziende con quei numeri. Entrai nel consiglio di gestione dopo l’assemblea dei soci del giugno 2022, e partecipai al primo cda a settembre. I primi numeri critici emersero solamente a dicembre. La decisione di convincere la proprietà a fare un passo indietro è maturata a gennaio 2023, soltanto in quel momento ci si è resi conto della gravità della situazione. L’azienda già nel 2022 aveva fatto le cose giuste, aveva chiuso i contratti che poteva chiudere. Si tenga conto Abbiamo vissuto un’epoca in cui per decreto non si potevano risolvere tutta una serie di contratti. Era veramente difficile comprendere la situazione dell’azienda prima. E per fare la verifica dei bilanci sono serviti sette mesi".
Un esempio della diligenza evocata dall’amministratore è stato riferito al caso di una società per azioni del territorio con la quale la multiservizi langarola aveva risolto il contratto in ragione di una fornitura ancora da pagare per 2,7 milioni di euro e che ora chiede a Egea 8,5 milioni di danni per la sua decisione di risolvere unilateralmente il contratto, decisione assunta in un momento in cui la legge non lo consentiva.
La relazione dei due esperti ha portato a ribadire come le difficoltà di Egea siano state legate al verificarsi di una congiuntura tale, sui mercati internazionali del gas e dell’energia, che ha stretto nella propria morsa le aziende che, come quella albese, non sono produttori diretti ma soltanto rivenditori di energia. Aziende trovatesi a vendere a prezzi spesso bloccati una materia prima da acquistare con pagamento immediato sulla base di prezzi schizzati improvvisamente a valori decuplicati rispetto a quelli storici.
A cercare di offrire una lettura comprensibile di quanto è accaduto è poi stato l’esperto Massimo Feira: "La crisi energetica ha alzato l’asticella a un livello non più superabile da parte di chi non aveva i muscoli per farlo. Nel 2023 il gruppo è tornato a chiudere l’esercizio con un margine operativo tornato ai livelli pre crisi, ovvero 50 milioni di euro".
Considerazioni sulle quali si sono legate quelle avanzate dallo stesso Alberto Gatto: "Prendiamo atto della situazione tecnicamente fallimentare che avete descritto. Ringrazio per la chiarezza con la quale avete descritto la situazione come in passato non era mai stato fatto, a partire dalla reale entità del debito. Oggi questo è un punto fermo dal quale partire. Penso intanto alle tante persone che hanno messo soldi e lavoro, e oggi devono rientrare dal loro investimento (…). Oggi – ha proseguito guardando alla perdita subita dal Comune di Alba, primo azionista pubblico con oltre il 5% del capitale – le nostre azioni valgono zero. Se due o tre anni fa, quando se ne ebbe l’occasione, si fosse proceduto a vendere il ramo di azienda di Egea Commerciale oggi non saremmo in questa situazione, oggi non ci troveremmo di fronte a quello che non esiterei a definire un bagno di sangue".
Ai soci pubblici – che di Egea detengono poco più dell’8%, Iren ha proposto un "risarcimento" nelle forme di un 20% del capitale di Egea Acque, società che secondo quanto riferito dallo stesso Feira avrebbe un valore di 60 milioni di euro: "Storicamente ha dato utili, può farlo anche in futuro. Non tanto come proprietà delle reti ma come gestione del servizio".
"Forse oggi per la prima volta posso parlare più liberamente", sono state quindi le parole del sindaco Carlo Bo. "La gente è arrabbiata perché con Egea è venuta a mancare la fiducia mentre questa azienda aveva sempre ricevuto tanto dalle amministrazioni pubbliche e dagli imprenditori che hanno deciso di investirvi capitali. Per mio conto – ha proseguito – la responsabilità personale ed etica è chiara: ci sono alcuni soggetti che non potevano non sapere e io penso anche che sia stato molto positivo che sia arrivata la Procura della Repubblica, a cercare di fare chiarezza. Anche le responsabilità imprenditoriali sono chiare: se ho dei debiti io lo so. E io credo che non potevano non sapere anche le banche".
"Per quanto riguarda quella offerta, probabilmente chi realmente conosceva lo stato del consolidato qualche riflessione avrebbe dovuto farla", ha proseguito il primo cittadino tornando anche lui alla trattativa con Iren dell’inizio 2022, poi sfumata, per poi richiamare il tema delle concessioni: "In questo ambito il ruolo del pubblico sarà determinante. Io mi auguro che nel più breve tempo possibile ci si possa sedere a un tavolo. Noi difenderemo in quella sede il nostro patrimonio. Io su questo invito sin d’ora i vertici di Egea a intercedere nei confronti di Iren per poter realmente iniziare un percorso, perché il tempo del rinnovo, nel 2027, è domani mattina. Un minuto dopo l’accordo bisognerà iniziare a lavorare per il futuro, e senza concessioni per Egea non c’è futuro".