Schegge di Luce - 28 luglio 2024, 08:05

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di don Carlo Bellini

Commento al Vangelo del 28 luglio, XVII Domenica del Tempo Ordinario

“La moltiplicazione dei pani e dei pesci”, olio su tela di Giambattista Pittoni (1725), National Gallery of Victoria di Melbourne, Australia

“La moltiplicazione dei pani e dei pesci”, olio su tela di Giambattista Pittoni (1725), National Gallery of Victoria di Melbourne, Australia

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».

Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.

Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.

E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo (Gv 6,1-15).

 

Oggi, 28 luglio, la Chiesa giunge alla XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B, colore liturgico verde).

A commentare il Vangelo della Santa Messa è don Carlo Bellini, parroco della chiesa di San Giuseppe Artigiano a Carpi (Modena) e consulente ecclesiastico nazionale della Confederazione Italiana dei Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana.

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

 

Eccolo, il commento.

La moltiplicazione dei pani e dei pesci secondo l’evangelista Giovanni può essere letta in relazione al testo della moltiplicazione dei pani del profeta Eliseo (2Re 4,42-44) dove si racconta di un ragazzo con pani di orzo e si fa notare l’abbondanza del pane offerto dal profeta. Dunque, qui si vuole presentare Gesù non tanto come il messia, ma come un profeta e infatti la reazione della gente alla fine del brano è: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Seguendo questa logica un altro decisivo riferimento è anche a Mosè (si aspettava un profeta pari a Mosè) e naturalmente al dono della manna nel deserto.

All’inizio del racconto è Gesù stesso che apre la questione del cibo per la folla e lo pone consapevolmente come prova per i discepoli per saggiare la loro reazione di fronte a questa situazione che pare non avere soluzione. La questione è con cosa potremo sfamare la fame di tanta gente? In una lettura non meramente materiale del testo il problema è la numerosità della gente, ma ancora di più la qualità della loro fame. La fame dell’uomo, il groviglio dei suoi desideri dove potrà trovare una risposta? Quale nutrimento è possibile per l’uomo? La risposta dei discepoli, che duecento denari non sarebbero sufficienti, non fa che enfatizzare la enormità del compito di sfamare le persone. L’evoluzione del dramma è ben nota. C’è un ragazzo con cinque pani d’orzo e due pesci, decisamente poco da distribuire; si noti tra l’altro che i pani d’orzo erano il cibo dei poveri.

La consapevolezza di Gesù: Gesù sa bene cosa sta facendo (v.6) e conosce il cuore dell’uomo (v.15). Per questo quando il popolo viene per prenderlo (alla lettera afferrarlo) per farlo re, Gesù scappa in montagna, completamente solo. Tra le povertà dell’uomo c’è anche la naturale tendenza a dare priorità alle questioni materiali. Gesù non si accontenta di un facile successo, ma nel silenzio della montagna, come Mosè, rimane centrato sul senso della sua missione.

Il profeta Gesù allora interviene con un segno che realizza meravigliosamente che c’è cibo per tutti e che la sua provenienza è un dono. Allora il nutrimento per l’uomo è a disposizione in abbondanza e nella forma del dono. Gesù chiede ai discepoli di far sedere le persone sull’erba. Questa è l’unica condizione richiesta per ricevere il cibo, di predisporsi a ricevere il dono in un luogo adatto (c’era molta erba). Al termine del pranzo vengono raccolti gli avanzi che, a differenza della manna, non marciranno. Da questo punto di vista, Gesù è meglio di Mosè, il suo nutrimento è più solido.

Nella moltiplicazione Gesù mostra di essere un profeta capace di dare vero nutrimento al popolo, cioè di offrire una Parola e una relazione che raggiungono l’uomo come dono e dischiudono la sua possibilità di vita.

Se torniamo alla povertà del punto di partenza, cinque pani d’orzo e due pesci, possiamo cogliere un altro aspetto. Gesù prende la povertà dell’uomo, la naturale indigenza dell’uomo, cioè il suo bisogno di salvezza e lo trasforma in abbondanza per tutti. Alla Biennale di Architettura di Venezia un artista chiede: possiamo trasformare le nostre incertezze individuali in soluzioni collettive che funzionano? Il vangelo di questa domenica è un segno, indica che forse una via per farlo c’è.

Dodici canestri: il numero dodici ovviamente non è casuale, coincide con le dodici tribù di Israele e il numero degli apostoli. Il dono di Gesù sfama tutto il popolo e i dodici sono mandati a portare nutrimento a tutte le genti.

Silvia Gullino

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