- 05 novembre 2024, 10:53

TRENT'ANNI DALL'ALLUVIONE/Il ricordo di Roberto Meriggio, primo a dare l'allarme a Garessio: "I lampeggianti dei Vigili del Fuoco erano l'unica luce in paese"

L'ex capo distaccamento dei Vigili del Fuoco e responsabile dell'ufficio tecnico comunale ricorda quei drammatici giorni: "Avevo come un presentimento, una sensazione, per questi dissi al sindaco di evacuare le scuole"

Il ponte Odasso sommerso dal Tanaro nel '94 - Foto Sergio Rubaldo Fotoflash

Il ponte Odasso sommerso dal Tanaro nel '94 - Foto Sergio Rubaldo Fotoflash

"Le uniche luci che si vedevano, quella notte, erano i lampeggianti dei mezzi in servizio dei Vigili del Fuoco: eravamo completamente isolati, non c'era più la corrente elettrica né collegamenti telefonici". 

Così Roberto Meriggio, ex capo distaccamento dei Vigili del Fuoco e responsabile dell'ufficio tecnico del Comune di Garessio, ricorda i drammatici giorni dell'alluvione del 1994 quando, nella notte tra il 5 e il 6 novembre, il Tanaro distrusse interi abitati, spezzando 69 vite in Piemonte, di cui 29 in Provincia di Cuneo.

 

Che cosa ricorda di quei giorni, vissuti in prima linea?

"Nella mattina del sabato - racconta Meriggio - avevamo ricevuto diverse chiamate per interventi in cantine e locali al piano terreno delle abitazioni, una squadra era andata a Nucetto per un intervento, l'altra era rimasta a Garessio. Continuavamo a tenere monitorato il Tanaro, nella zona dell'ex ponte Odasso, l'acqua continuava a crescere e non smetteva di piovere. 

Ricordo, attorno alle 9, di aver chiamato l'allora sindaco Luigi Sappa avvisandolo della situazione critica, chiedendo di far evacuare le scuole, che si trovano in prossimità del fiume". 

Image 12 of 12[Ponte Odasso, 1994. L'acqua continua a salire, le scuole vengono evacuate. Il campanile segna le 10] 

"Avevo come un presentimento, una sensazione, per questo dissi che Ormea le aveva già evacuate, anche se non era vero.

In Comune avevo avvisato la segreteria affinché inviassero un telegramma a tutti gli enti competenti: Prefettura, Regione, Comando Provinciale dei Vigli del Fuoco. Intanto abbiamo continuato a presidiare il ponte, all'epoca avevo già un cellulare e mi tenevo in contatto costante con il Comune. 

Così si è messa così in moto la macchina operativa anche se, all'epoca, non c'era ancora il sistema di allerta e Protezione Civile che abbiamo oggi. Ho poi disposto il rientro della squadra che era andata a Nucetto: avevo dato indicazione di fare ritorno immediatamente perché la situazione stava peggiorando. Mentre rientravano il fiume aveva già esondato a Bagnasco". 

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[L'acqua supera il ponte. L'orologio di piazza Marconi segna le 14.40]

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[Il ponte Odasso completamente sommerso]

Un'intuizione provvidenziale quella di Meriggio che, lungo il Tanaro, ci è cresciuto, proprio vicino al ponte Odasso - che oggi non esiste più - e che ha permesso di disporre l'evacuazione delle scuole e la chiusura dei ponti in tempo utile per mettere i cittadini al sicuro

"Verso le 21.30 tutto si è fermato. Non c'era più la corrente elettrica, né possibilità di collegamento. Eravamo impotenti. Con l'APS e i lampeggianti abbiamo continuato a monitorare le strade del paese, era l'unica luce che i garessini vedevano, l'unica sensazione che ci fosse qualcuno a vegliare sul paese". 

Il giorno dopo, iniziò la conta dei danni...

"Lo scenario del mattino seguente era il finimondo. Il ponte Odasso pieno di rami, tronchi, semi distrutto; il ponte di Barjols crollato, piazza Marconi sommersa da tre metri di fango, così come via Aleramo e via Vittorio Emanuele II, lo stabilimento Lepetit inagibile, mentre il ponte sulla statale 582 era parzialmente danneggiato, ma nulla garantiva che l'asfalto non avrebbe ceduto come, purtroppo, è successo a Clavesana". 

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[Piazza Marconi sommersa dal fango]

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[Il ponte di Barjols era crollato]

"Il paese era completamente diviso a metà. Uno scenario indescrivibile, non avevamo mai visto nulla del genere.

Nelle settimane immediatamente successive all'alluvione, grazie all'intervento tempestivo della ditta Bianchino di Ceva, sono stati ultimati i lavori al ponte Paolini, che era di nuova costruzione, era l'unica infrastruttura utile anche per il passaggio dei mezzi di soccorso da un lato all'altro del paese, mentre il ponte Odasso era tornato transitabile a piedi".

Garessio di alluvioni ne ha affrontate tre negli ultimi trent'anni: è cambiato qualcosa nella gestione dell'emergenza?

"L'alluvione del '94 ha interessato soprattutto la sinistra idrogeologica del Tanaro, coinvolgendo anche le zone montane e frazionali con frane e smottamenti, distruggendo completamente le infrastrutture, non solo il centro abitato. Le successive, anche grazie a opere di prevenzione, hanno causato danni in misura differente.  

All'epoca avevamo chiesto, con il Magistrato del Po, di poter abbattere il ponte Odasso che nell'alluvione aveva creato come una diga, che causò l'esondazione nel centro. La risposta da parte della Soprintendenza fu negativa, l'ex Ponte Generale Odasso era un bene vincolato. Il Comune fece quindi un importante disalveo negli anni successivi, ma questi tipi di interventi sono molto onerosi e devono essere effettuati con cadenza regolare.

Personalmente ringrazio il sindaco Ferruccio Fazio che è riuscito nell'intento, a seguito dell'alluvione del 2020, quando il ponte ha creato lo stesso problema. Era una memoria storica per il paese, ma anche fonte di preoccupazione e pericolo. 

Quello che all'epoca ci è mancato più di tutto è la memoria storica. Nessuno aveva ricordi di esperienze simili, nonostante, andando poi a cercare negli archivi vi siano tracce di esondazioni del Tanaro. Si ha notizia infatti che il ponte fosse in legno e che sia stato più volte ricostruito, così come la chiesa parrocchiale di piazza Marconi venne spostata e ricostruita, in una sede più sicura, dopo numerosi e disastrosi allagamenti. 

Grazie al sindaco Sappa e a tutti gli uomini del distaccamento, all'epoca in servizio eravamo 10, per essere intervenuti tempestivamente".

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[Via Vittorio Emanuele II]

Sembra quasi assurdo chiederlo... C'è stato un barlume di positività in quei terribili giorni?

"Ricordo che la domenica mattina, verso le 10.30, iniziarono a suonare le campane della festa. Sembra assurdo, ma in quel momento, era un segnale di conforto, in mezzo a tutta quella distruzione, un segnale che potevamo tornare alla normalità anche se eravamo nel caos più completo".

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Ringraziamo Roberto Meriggio per aver condiviso con noi la sua preziosa testimonianza. Tutte le foto nell'articolo sono di Sergio Rubaldo - Fotoflash.

 

Arianna Pronestì

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