Schegge di Luce - 01 dicembre 2024, 08:00

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di Pierluigi Dovis

Commento al Vangelo del 1° dicembre, I Domenica di Avvento

“Gesù annuncia i segni dei tempi”, disegno dell’artista braidese Pinuccia Sardo

“Gesù annuncia i segni dei tempi”, disegno dell’artista braidese Pinuccia Sardo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo» (Lc 21,25-28.34-36).

Oggi, 1° dicembre la Chiesa giunge alla I Domenica di Avvento (Anno C, colore liturgico viola).

A commentare il Vangelo della Santa Messa è Pierluigi Dovis, Direttore della Caritas diocesana di Torino.

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole che si uniscono al disegno dell’artista braidese Pinuccia Sardo per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

Eccolo, il commento.

Quest’anno, l’inizio dell’ultimo mese dell’anno solare coincide con il primo dell’anno della liturgia. Ricomincia la lenta meditazione sul mistero della nostra salvezza che, di domenica in domenica, si fa celebrazione dell’infinito progetto di amore di Dio sull’uomo, sul mondo e sulla storia. Ed inizia mettendoci subito nell’atteggiamento che deve attraversare tutta la nostra vita di credente: l’attesa. 

Non siamo ad una fermata nella speranza, spesso contraddetta, di vedere arrivare il bus in orario. Non siamo alla finestra della casa a cercare nella strada un volto amato che finalmente si decida a venire a trovare l’anziano genitore ormai a riposo forzato. Non siamo davanti al tabellone delle estrazioni del Lotto o di qualche lotteria nella quasi sempre vana aspettativa di una vincita che immaginiamo ci cambierebbe la vita. L’attesa a cui ci invita Gesù è un atteggiamento attivo, che ci mette in piedi rialzandoci dalla mediocrità di un cuore appesantito, perché ingombro di tanti inutili sostegni al nostro “io” che faticosamente abbiamo ammassato, sperando di trovare in loro salvezza e gioia. È la ricerca fiduciosa ed umile di Colui che ci può liberare dai legami che ci tengono ancorati a tutto ciò che è fatto solo di terra e del quale - nei prossimi dodici mesi - potremo ripercorrere la strada nella Eucaristia, nel sacramento della Penitenza, nell’ascolto della Parola e nella fraternità della comunità. 

Il vero problema di ogni attesa è dato da quel nostro aver bisogno di segnali che ci preannuncino l’imminenza della realizzazione di ciò che speriamo. Gesù lo sa bene e li cita ai suoi discepoli. Ma sono segni che, per noi che della storia abbiamo fatto materia di studio, abbiamo già ritrovato centinaia di volte. Quindi non sono tipici. Ci stanno semplicemente a ricordare che la venuta liberante di Dio si realizza proprio quando siamo immersi nelle tante fatiche e nelle moltissime paure che rischiano di fiaccare mente e cuore. In quelle occasioni il male sa annidarsi e, fomentandole, pone insicurezza in noi. È in quel momento, ci suggerisce Gesù, che dobbiamo avere il coraggio di alzare il capo e puntare lo sguardo oltre le nubi dove vediamo e sperimentiamo la presenza di un Dio che non è mai lontano, ma che si fa vicino, anzi che viene ad abitare in mezzo a noi a partire dalla notte di Betlemme. Come, dovendo sostituire uno pneumatico alla nostra autovettura, dobbiamo utilizzare un cric, così in quei momenti di buio ci occorre la preghiera per tirarci su, per implorare una forza che in noi non troviamo, per incontrare la Sua presenza, per lasciarci alle spalle il male e giungere alla serenità di chi si percepisce figlio amato, liberato e protetto da un Padre infinitamente misericordioso. 

In questo nuovo anno della fede non concentriamoci sulle immagini in bianco e nero che provengono dalla storia, ma sulla prospettiva certa di luce che viene dalla promessa a cui tanti prima di noi hanno creduto senza rimanere delusi.

Silvia Gullino

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