Vi siete accorti che è Carnevale? Ad essere sinceri, per le vie di Bra non si respira granché quell’atmosfera allegorica, che accompagna solitamente una delle feste più amate e celebrate del mondo. Come darvi torto, sono lontani gli anni ’80 e ’90 in cui il “Carlevè ed Bra” era una degli eventi più attesi in calendario. Oggi niente carri, sfilate per le vie del centro, coriandoli, stelle filanti e men che meno le maschere tipiche Robaldo de Braida e Madonna Beatrice, che nell’immaginario collettivo restano e resteranno Armando Ambrogio e Maura Forneris.
E mentre ci ingozziamo di bugie per la delusione, sorge un dubbio amletico. Da Venezia a Rio de Janeiro, passando per Viareggio, Nizza, Cento e Putignano, perché si festeggia il Carnevale? Da qui sono scattate innumerevoli googlate per svelare il mistero di questa festa e regalarvi un’altra chicca a tema: storia leggenda e tradizione.
Tutto comincia con le feste dionisiache greche e i saturnali romani. Durante queste celebrazioni veniva realizzato un temporaneo scioglimento dagli obblighi e delle gerarchie sociali, dando vita al rovesciamento dell’ordine (caos) e allo scherzo, quello che d’altronde è lo spirito del Carnevale. Inoltre, l’utilizzo del travestimento e della maschera è molto importante. Vestirsi da qualcun altro, nascondere l’identità, vuol dire prendersi una pausa dalla propria personalità e concedersi una divagazione rispetto alla vita quotidiana. Non solo: nell’antichità la maschera era usata per raccogliere le energie delle divinità e delle forze della natura. Si trattava, quindi di un modo per catturarne il potere e per sfruttarlo a proprio piacimento. Secondo numerose fonti, tra cui Apuleio, il “travestimento” deve essere fatto risalire ad una festa in onore della dea egizia Iside, durante la quale erano presenti numerosi gruppi mascherati. Questa usanza venne importata anche nell’Impero Romano: alla fine del vecchio anno un uomo coperto di pelli di capra veniva portato in processione e colpito con bacchette.
In molte altre parti del mondo, soprattutto in Oriente, c’erano molte feste con cerimonie e processioni in cui gli individui si travestivano. Tipo a Babilonia non era strano vedere grossi carri simboleggianti la Luna e il Sole sfilare per le strade, rappresentando la creazione del mondo. In generale, però, lo spirito della festa è quello di livellare l’ordine delle cose, ribaltare la realtà con la fantasia e travestirsi da ciò che non si è. Nel Medioevo, ad esempio i popolani potevano per poche ore divertirsi senza pensieri e sentirsi al pari dei potenti; persino lo scemo del villaggio poteva indossare una corona!
Da un punto di vista storico e religioso il Carnevale rappresentò un periodo di festa, ma soprattutto di rinnovamento simbolico, durante i festeggiamenti, infatti, il caos sostituiva l’ordine costituito, che però una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva per dar vita ad un nuovo ciclo, quello del nuovo anno solare. Le cerimonie carnevalesche, diffuse presso i popoli indoeuropei (non solo), hanno anche una valenza purificatoria. In questo caso, il Carnevale si inquadra in un dinamismo ciclico di significato mitico: è la circolazione degli spiriti tra cielo, terra e inferi. Il Carnevale riconduce ad una dimensione metafisica che riguarda l’uomo e il suo destino. Che cosa vuol dire? In antichità, era solito pensare che in primavera, quando la terra cominciava a manifestare la sua energia, il Carnevale segnasse un passaggio aperto tra gli inferi e la terra abitata dai vivi. Le anime, per non diventare pericolose, dunque, dovevano essere onorate assumendo sembianze diverse attraverso le maschere che hanno spesso un significato apotropaico, in quanto chi le indossava assumeva le caratteristiche dell’essere rappresentato. Queste forze rappresentate erano soprannaturali e creavano un nuovo regno della fecondità della Terra.
Diverse le usanze anche in molte città italiane. Nel XV e XVI secolo, a Firenze i Medici organizzavano grandi mascherate su carri chiamate “trionfi” e accompagnate da canti carnascialeschi (canzoni che si accompagnavano al divertimento del Carnevale del Quattrocento). Nella Roma del Regno pontificio si svolgeva, invece, la corsa dei barberi (cavalli da corsa) e la “gara dei moccoletti” accesi, che i partecipanti cercavano di spegnersi reciprocamente. In diversi Carnevali il martedì grasso viene rappresentato, spesso con un falò, che simboleggia la “morte di Carnevale”. L’antica tradizione del Carnevale si è mantenuta anche dopo l’avvento del Cristianesimo: a Roma stessa la maggiore festa pubblica tradizionale è stata il Carnevale Romano fino alla sua soppressione negli anni successivi all’Unità d’Italia.
Anche l’istituzione del Carnevale a Venezia è quella, al pari di quanto già avveniva nell’antica Roma, di concedere alla popolazione e soprattutto ai ceti più umili, un breve periodo dedicato interamente al divertimento e ai festeggiamenti, durante il quale sia i veneziani che i forestieri si riversavano in tutta la città a far festa con musiche e balli sfrenati. Attraverso l’anonimato che garantivano le maschere e i costumi, si otteneva una sorta di livellamento di tutte le divisioni sociali ed era autorizzata persino la pubblica derisione delle autorità e dell’aristocrazia.
In Italia ogni regione festeggia il Carnevale a suo modo, ma colori e voglia di divertirsi accomunano le feste di tutto lo Stivale. Dopo Venezia, dove si festeggia uno dei “Carnevali” più famosi del mondo con sfarzo e costumi bellissimi, lasciti di una tradizione secolare, troviamo Viareggio in cui i carri allegorici rendono tutto magico, così come ad Acireale, in Sicilia; a Ivrea poi c’è la celeberrima Battaglia delle Arance, mentre a Sciacca vengono realizzate splendide opere in cartapesta, senza dimenticare Vercelli famosa per il Carnevale più antico del Piemonte e Loano, in Liguria, dove impazza il “CarnevaLöa”.
Il Carnevale non ha una data fissa: inizia la prima domenica delle nove che precedono quella di Pasqua. Raggiunge il culmine il Giovedì Grasso e termina il martedì successivo, ovvero il Martedì Grasso, che precede il Mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima, ossia 40 giorni prima di Pasqua. Il termine Carnevale non a caso deriva dal latino “carnem levare”, che significa proprio “togliere la carne”. Durante la Quaresima, perciò, le persone si astengono dal consumo di carne e di altri piatti deliziosi. I primi festeggiamenti di tavola del Carnevale risalgono al VIII secolo, quando veniva organizzato un banchetto con tanti cibi e bevande prima del digiuno.
Ok, ma a parlare di Giovedì e Martedì Grasso, abbiamo bisogno di chiudere in dolcezza. I dolci tipici del periodo sono le frappe, le bugie, i cenci o le chiacchiere. Tanti nomi per il dolce simbolo del Carnevale per antonomasia: impasto di farina, uova, zucchero e burro, farcito con crema, confettura o cioccolato e infine fritto nell’olio bollente. Un’interessante variante prevede il ripieno di cubetti di mela. Allora, mi sembra di aver detto tutto, si inizia a friggere?